A proposito della denuncia del senatore grillino Giarrusso su mafia, centri di accoglienza e ministro Alfano

da Salvatore Petrotto
ex Sindaco di Racalmuto,
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Apprendiamo da LinkSicilia le pesantissime denunce pubbliche del senatore del Movimento 5 Stelle, Mario Giarrusso, a proposito della gestione, in odor di mafia, dei flussi di immigrati, la cui responsabilità politica è totalmente in capo al ministro dell’Interno, l’agrigentino Angelino Alfano.

“Milioni di euro verso centri di accoglienza per immigrati affidati, in Sicilia, a persone ed enti in odore di mafia, senza controllo da parte del ministero degli Interni”.

Tali denunce il senatore Giarrusso le ha rese pubbliche nel corso del programma “Lo Schiaffo”, su ClassTv. Il più pesante riferimento è quello riguardante la provincia di Trapani: “Nella provincia del latitante Matteo Messina Denaro questi centri sono spuntati e cresciuti come funghi, fuori di ogni controllo, senza rispetto delle procedure di affidamento, con grandi opacità. Ogni immigrato tenuto in questi centri costa allo Stato dai 30 ai 50 euro al giorno per il vitto e l’ alloggio. Un centro con 100 immigrati genera un flusso di denaro tra il milione e il milione e ottocentomila euro all’anno. E questi centri sono affidati senza gara, in via d’emergenza, a soggetti creati da un giorno all’altro e privi di certificati antimafia”.

Così prosegue Giarrusso che poi conclude: “Non vorrei che qualcuno pensasse di fare campagna elettorale con questi soldi affidando i centri a soggetti collusi o vicini alla mafia”.

Al conduttore Marco Gaiazzi che gli ha chiesto chi dovrebbe vigilare su questa gravissima situazione, il senatore grillino ha risposto così: “A noi risulta che il controllo su queste questioni dovrebbe averlo il ministero degli Interni. Non ci vuole molta fantasia per individuare il nome di chi dovrebbe controllare: il ministro Angelino Alfano“.

Se le cose stanno come sostiene il senatore Giarrusso, basta presentare una regolare esposto alle competenti Procure per far valere quel 416 Ter nella nuova versione di zecca, approvato proprio ieri dal Parlamento che recita : “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”.

Come si può notare, è estremamente facile applicare tale norma in presenza di un eventuale voto di scambio elettorale, consumato sulla pelle degli immigrati e di noi siciliani, sovraesposti, tra l’altro, tutti quanti, ai pericoli di possibili contaminazioni di malattie contagiose quali Ebola, scabbia e tubercolosi ed altro ancora.

Infatti, i centri di accoglienza, per far fronte ad una vera e propria catastrofe umanitaria, sono stati ricavati nelle nostre strutture pubbliche, quali – ad esempio – i palazzetti dello sport. Centri dove, come abbiamo evidenziato in questi giorni, vengono ammassati, peggio delle bestie, migliaia di poveri disgraziati che, frequentemente scappano, prim’ancora di essere sottoposti ai controlli sanitari.

Del resto, il ministro dell’Interno è quel personaggio di cui proprio ieri si è occupato il giornale l’Ora della Calabria e ripreso dal sito on-line che riportiamo di seguito, del giornale di proprietà del ‘padrino’, politico di Angelino, l’ex senatore ed ex cavaliere, Silvio Berlusconi: http://www.ilgiornale.it/news/interni/quel-bacio-boss-che-imbarazza-angelino-1011598.html.

Con tanto di foto d’epoca che raffigura Angelino mentre bacia un notissimo boss mafioso agrigentino, Il Giornale liscia così il pelo ad Alfano: “Al Palafiera di Roma Alfano urlava non vogliamo i voti delle mafie e in prima fila c’era il numero due dell’Ncd, Renato Schifani, indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa”.

“Amnesie?”, si chiede il Giornale. Forse sì, come quel bacio scomodo quanto un sasso nelle scarpe. La vicenda è stata raccontata nel 2002 dal quotidiano la Repubblica. Correva l’anno 1996 e Angelino, giovane e promettente deputato regionale, viene pizzicato a un banchetto nuziale inopportuno. Si tratta del matrimonio di Gabriella, figlia del boss di Palma di Montechiaro, Croce Napoli, che festeggia a Villa Athena, spettacolare albergo della Valle dei Templi. Il boss agrigentino, sbaciucchiato da Alfano e deceduto nel 2001, ha un curriculum imbarazzante: manette per associazione mafiosa, concorso in sequestro di persona, omicidio.

Inizialmente Alfano nega: “Mai conosciuto Croce Napoli. Mai partecipato al matrimonio della figlia”. A chi cresce in un campo infestato da ortiche può capitare di pungersi. Anche inavvertitamente. E, va detto, senza alcuna responsabilità penalmente rilevante. Nega, però. Peccato che di quel bacio pericoloso ci sia pure un video, mandato in giro da qualche avversario politico di Angelino.

A questo punto Alfano si concentra meglio e quindi trova la memoria: “Ah, sì. Ora ricordo. Ricordo di esserci stato ma su invito dello sposo, non della sposa. Ma del resto in Sicilia, oltre a Schifani, Alfano, nel suo partito, sempre da “diversamente berlusconiano”, è stato costretto a frequentare anche il cofondatore di Forza Italia, ossia il semilatitante, oggi condannato per mafia – anche se non definitivamente – Marcello Dell’Utri.

Dire che Forza Italia era ed è in Sicilia un sodalizio criminale, non sarebbe del tutto esatto, se si considera che Alfano e Schifani, a prescindere dai loro trascorsi, dei baci o delle inchieste per mafia che li riguardano, si sono, seppure soltanto negli ultimi anni, affrancati, fondando il Nuovo centrodestra e sostenendo, lealmente, gli ultimi tre Presidenti del Consiglio, Monti, Letta e Renzi.

Con i risultati, a livello nazionale, che conosciamo, al netto della disoccupazione, del debito pubblico che continua a crescere a dismisura e dei Prefetti di Angelino e Renato. Anche quelli di fresca nomina, quale il neo-Prefetto della città natale di Alfano, Agrigento.

Ci riferiamo a chi, prima di essere promosso Prefetto da Alfano, da viceprefetto, ha fatto sciogliere per mafia il mio Comune, per delle ‘strane’ infiltrazioni mafiose, allorquando il sottoscritto ha denunciato alla competente Procura della Repubblica gli illegali affari miliardari che ruotano, in Sicilia, attorno a rifiuti ed acqua.

Poi è stato spedito a Salemi, quale commissario, per sostituire Vittorio Sgarbi che aveva denunciato nel Trapanese gli altri miliardari affari di mafia che in quel contesto si consumavano con le pale eoliche.

Che strano, però: nella pesante denuncia del senatore Giarrusso, oltre ad Alfano, si citano anche la Trapani di Messina Denaro, Agrigento e di centri di accoglienza. In questo scenairo i rifiuti, l’acqua, l’energia, gli affari dei soliti noti vanno bene, anzi benissimo.

Peccato che a pagare in termini di libertà, sviluppo, occupazione, città sporchissime, tasse sui rifiuti e sull’acqua alle stelle siamo noi siciliani, anche quelli che non siamo diversamente berlusconiani e che, a differenza di Alfano e Schifani, abbiamo fatto a meno di frequentare, in passato, Berlusconi o Dell’Utri ed i cui baci che ricordiamo non sono quelli dati a dei boss mafiosi ma alle nostre mogli e/o mariti.


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