A Piazza Armerina la riforestazione inizia dal volontariato «Difficile riavere i boschi come quando eravamo piccoli»

È trascorso quasi un mese dall’incendio che ha mandato in fumo ettari di paesaggio naturale a Piazza Armerina, devastando alberi e intere porzioni di territorio che, in qualche caso, è considerato riserva, oltre che sito Natura 2000, quindi da tutelare. Specie autoctone che nella città della Villa del casale ormai vedono incenerirsi estate dopo estate. Gli ultimi incendi divampati in questo mese hanno interessato il bosco di Santa Caterina, mettendo in serio pericolo anche il centro abitato. Quel che resta del polmone verde, nella riserva orientata Rossomanno-Grottascura-Bellia, posta a nord di Piazza Armerina, adesso è già un lontano ricordo se si pensa soltanto a com’era rispetto a vent’anni fa. A raccontarlo a MeridioNews è Totò Trumino, ideatore del cammino di San Giacomo in Sicilia che, sulle orme del famoso cammino di Santiago a Compostela, in Spagna, collega Capizzi a Caltagirone, le due località siciliane dove sono custodite le reliquie di San Giacomo. Durante questo cammino, percorso da fedeli e non e immerso tra strade rurali e vegetazione, sono diverse le tappe toccate. Valguarnera e Piazza Armerina sono proprio tra queste. Compreso, dunque, il bosco di Santa Caterina, proprio quello interessato dalle fiamme. 

Per questo motivo Trumino ha deciso di coinvolgere i camminatori e gli enti interessati per ripopolare la vegetazione con le specie autoctone in maniera spontanea e con un’opera di semina volontaria. «Si chiama Guerilla Gardening ed è già stata attuata in altre zone del mondo – spiega – Dei volontari si occupano di piantare dei semi per rinfoltire il verde. Dove non arriva la politica, arriviamo noi». Le anime pronte ad aderire, tra privati ed enti le università e il sementificio siciliano, sono già circa 400. «Gli incendi stanno distruggendo letteralmente questo territorio incantevole, una macchia nera in un immenso spazio verde che oggi porta ancora i segni con alberi carbonizzati ancora a terra dai roghi precedenti – dice Trumino – Da vent’anni facciamo i conti con questa piaga. Ma negli ultimi cinque anni il fenomeno si è particolarmente intensificato. Sia la natura che le persone che utilizzano questi boschi ogni anno devono subire queste umiliazioni. Quando a inizio luglio si è scatenato l’incendio ero a Lipari con mia moglie – prosegue – In tanti mi hanno contattato, facendomi vedere cosa stava succedendo: così mi sono detto che andava fatta qualcosa di veramente concreto. Basta con le lettere, le denunce formali e i proclami. Adesso saremo noi a piantare i semi».

Un tentativo di ripopolamento di nuovi arbusti, ma che vuole essere una denuncia contro l’immobilismo. «Il nostro messaggio non è indirizzato soltanto all’amministrazione comunale, che potrebbe fare anche poco di fronte a una distesa così grande, ma va anche alla Regione – sottolinea l’attivista – A Piazza Armerina c’è stata anche la commissione antimafia per cercare di fare chiarezza sugli incendi. Ma, mentre cerchiamo di ragionare per trovare delle soluzioni, bisogna anche agire al più presto. I forestali fanno quel che possono, ma se non si ricostruiscono le vie d’accesso e le vie tagliafuoco sarà sempre peggio: le zone dove si sviluppano i roghi sono irraggiungibili.  Adesso c’è quasi un velo di rassegnazione. Si spera che ogni anno non succeda niente di grave e che la cosa possa andar bene: quest’anno non è stato così». Da circa quindici giorni il Guerilla gardening di Piazza Armerina è sbarcato sui social, con una pagina Facebook in cui sono stati pubblicizzate dei sacchetti spargiseme. «Abbiamo coinvolto la facoltà di Agraria di Catania, il sementificio, l’università di Reggio Calabria e le università di Messina – osserva Trumino – Ci forniranno i semi, ma soprattutto ci offriranno la loro consulenza su come piantarli. Vorremmo piantare dell’essenze autoctone».

Un’altra estate, dunque,  in cui polmoni verdi della Sicilia bruciano inesorabilmente. La Regione dal canto suo a inizio stagione aveva promosso una campagna antincendio attraverso dei droni, che però sono stati considerati poco efficaci da alcuni esperti. Frattanto, sono svariate le ipotesi sulla causa dei roghi, ma c’è sempre più la convinzione che possano essere dolosi. Trumino, che nel suo lungo percorso di attivismo conta anche l’esperienza da scout, non si spiega il perché di questi incendi. «C’è chi dice che dietro possano esserci atti volontari degli stessi forestali, ma credo sia una cosa che non si possa affermare: con gli incendi si riduce il perimetro del bosco: a chi converrebbe? – dichiara – C’è da capire cosa genera l’istinto di chi, in maniera vandalica, decide di compiere questi atti». Nel frattempo la fisionomia del bosco di Santa Caterina è cambiata. «Anni fa c’era una pre-riserva dove si produceva la cellulosa da mandare alla cartiere di Fiumefreddo (in provincia di Catania) – continua Trumino – La cartiera ha chiuso. Adesso quel luogo è devastato e nessuno compie la manutenzione. Sono consapevole – conclude – che non possa più tornare come quando ero bambino. Noi, intanto, quando inizieranno le piogge inizieremo la nostra opera di semina».


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