À Nous Deux

Da tempo avevo già deciso che avrei visto Musikanten . L’occasione mi si è presentata giorno 19 al Lumière di Ragusa, piccolo ma delizioso cinema d’essai . Di quelli che mi fanno venir voglia di tornarci. Se poi, come questa volta, alla proiezione è presente il regista, l’occasione si tramuta in piccolo evento. Seduto sul palco, insieme allo storico del cinema siciliano, Sebastiano Gesu’, Battiato racconta, prima della proiezione, antefatti, genesi e qualche curiosità del film. Fra una sapida critica al cinema americano ed un’insipidissima morale sui nostri politicanti, apprendiamo che l’epistolario di Beethoven è stato il suo breviario per la stesura di Musikanten e la cifra dell’interpretazione di Alejandro Jodorowsky nei panni del compositore. Buio in sala.

Alla riaccensione delle luci, in quegli attimi che mi separano dalla riacquisizione della posizione eretta, mentre mi guardo intorno bofonchiando un giudizio che a poco a poco prende forma e peso, scorgo uno sguardo conosciuto. Profondo estimatore di Battiato, Vincenzo mi guarda cercando nel mio volto il riflesso della sua espressione. Del resto lo faccio anch’io, quasi a cercar conforto. Che non trovo: su nulla siamo d’accordo.

Prima di rovinare per sempre un’amicizia, abbiamo deciso, un po’ per celia, un po’ per non morire, di inviarci le rispettive impressioni.

Il nostro carteggio telematico, raccolto e sistemato, viene adesso qui riproposto.

Buona (di)visione.

Sergio Russo


Ma che musica maestro


Musikanten e musi lunghi

L’ultimo 1 contro 1 io e Sergio lo abbiamo giocato, in allenamento, sul parquet di un campo di pallacanestro. Gli avevo lasciato mezzo metro di campo, per fargli credere di poter arrivare fin sotto canestro, dove, invece, ero pronto ad elargirgli una decisa stoppata. Non avevo previsto il movimento morbido e fuggevole, da ballerino, con cui lui posticipò il momento del tiro, mandandomi ad afferrare l’aria. Un istante dopo, schiena a terra e gambe all’aria, non mi restò che osservare la sfera di cuoio passare il cerchio dell’anello e gonfiare la retina che per un secondo vi aderì come un vestito da ballo. Erano gli anni in cui i nostri allenatori predicavano sudore ed agonismo. Che tu sia gazzella o leone nella savana, la parola d’ordine è correre. Chissà che faremo da grandi, ci domandavamo correndo.

Quindici anni dopo, nessuno dei due è diventato giocatore di pallacanestro; ma un musicista dietro la macchina da presa ed uno davanti, tornano a proporci l’enigma, la divisione e lo scontro.

Eraclito diceva che il conflitto è padre di tutte le cose. A me e Sergio, di Eraclito, non è mai importato granché.

Vincenzo La Monica


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