Per comprare e ristrutturare un vecchio teatro in piazza Cutelli hanno usato i fondi dei fedeli di tutto il mondo. Stanchi di riunirsi in luoghi di culto improvvisati in garage e scantinati. Sono circa diecimila i musulmani catanesi, con famiglia e figli spesso nati e cresciuti nel capoluogo etneo. Tra differenze e integrazione, perché «la Sicilia è accogliente, ma certe diversità non si possono superare», ammette l'imam della comunità etnea Keith Abdelhafid
A luglio pronta la moschea di Catania L’imam: «Luogo di scambio e cultura»
A Catania sono circa diecimila. Vengono dal Marocco, dal Senegal, dalla Tunisia ma anche dalle Mauritius, Sri Lanka e Pakistan. Si riuniscono in tre piccoli scantinati di 60 metri quadrati «sprovvisti di qualunque agibilità», ma per cui pagano laffitto. Sono i musulmani catanesi, sunniti, che da anni chiedono al Comune sotto diverse amministrazioni uno spazio di preghiera decoroso. Adesso hanno deciso di fare da soli. Con i fondi raccolti tra i fedeli di tutto il mondo catanesi e dei paesi dorigine hanno comprato un vecchio teatro abbandonato in piazza Cutelli e iniziato i lavori di ristrutturazione. La più grande moschea del Sud Italia più di 400 metri quadri, due piani e un sottotetto dovrebbe essere pronta per luglio. Ci sarà una grande sala per la preghiera, i servizi e uno spazio per le abluzioni. Le donne avranno una zona apposita, al momento ricavata negli scantinati con un separè. Ma non solo. «Oltre a un luogo di culto sarà un centro culturale spiega Keith Abdelhafid, imam etneo e presidente delle comunità islamiche in Sicilia con una sala conferenze e delle aule dove si insegneranno larabo e litaliano». Un modo per aprirsi alla città e «per contribuire alla bellezza di Catania».
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«Una volta i fedeli erano per lo più da soli e si riunivano in semplici garage spiega Abdelhafid, algerino da 18 anni a Catania Adesso la comunità è cambiata: siamo quasi tutte famiglie, i nostri figli hanno studiato e si sono laureati qui. Cè la necessità di pensare al futuro». Lo stesso imam ha tre figli: due maschi di 12 e sette anni e una bambina di due anni e mezzo. Tutti e tre sono nati a Catania e «parlano litaliano meglio di me scherza Anzi, spesso mi correggono». Si sentono integrati, assicura, come il resto della comunità islamica. Certo, per trovare della carne halal hanno una sola possibilità: la macelleria di Abdelhafid. Ma aspettare unora alla fermata dellautobus non li innervosisce: «Nei nostri Paesi siamo abituati a questi disagi». «Abbiamo gli stessi problemi degli immigrati italiani in Inghilterra o in Francia spiega limam Certe diversità non si possono superare». Ma ci si può convivere. «La Sicilia è una terra accogliente. Se vai al mercato o alla pescheria non vedi differenze, nemmeno tra stranieri e italiani». E infatti loro, i musulmani catanesi, la loro moschea hanno voluto costruirla vicino alla Civita dove già si trovano i luoghi di culto provvisori – uno dei quartieri più popolari della città, «dove tutti si conoscono e si aiutano». E dove si sentono rispettati: «A volte lasciamo la moschea aperta senza controllo – racconta Abdelhafid Eppure nessuno si è mai permesso di toccare nulla».
Unintegrazione non sempre facile però, anche per chi la sceglie per tutta la vita. Come le coppie miste, in aumento anche a Catania. «Per la mia esperienza si rivelano quasi sempre dei fallimenti», spiega. Come una coppia lui egiziano, lei catanese che i è rivolta allimam per un matrimonio musulmano. «Quando sono venuti da me li ho messi in guardia da tutte le difficoltà racconta Non ultime quelle burocratiche, perché questo tipo di rito non assicura nessun diritto in Italia. I genitori della ragazza pensavano fossi solo pessimista». E alla fine? «Si sono sposati e poco dopo separati. Lei mi ha raccontato che dopo il matrimonio lui voleva rinchiuderla in casa». Eppure, per Abdelhafid, come in tutto basterebbe la giusta misura. Per i suoi figli vuole uneducazione musulmana, ma senza precludere loro la possibilità di scegliere un modello di vita occidentale. Limportante è che non perdano mai le loro radici. «Per questo nella moschea insegneremo larabo dice Per gli italiani che vogliono impararlo e per i nostri figli nati qui che non lo conoscono. Non è giusto che i ragazzi, quando tornano nei loro paesi dorigine, non possano comunicare con gli zii o il resto della famiglia che vive lì». La lingua italiana invece sarà insegnata a quanti arrivano a Catania adesso e hanno bisogno di inserirsi.
Leventuale diffidenza e il pizzico di ignoranza del catanese medio non preoccupano limam. «Io mi arrabbio solo quando sento parlare di integralisti. Perché quel ragazzo che ha fatto una strage in Norvegia è solo un pazzo e i kamikaze sono invece degli integralisti islamici? – chiede Per me anche loro sono pazzi e non intendo farmi addossare le loro colpe». E con il velo per le donne come la mettiamo? «E un precetto del Corano, come la preghiera e il digiuno. Come in tutte le religioni, però, non tutti sono praticanti e non per questo vengono discriminati conclude E poi, la reliquia di SantAgata che voi portate in giro non è forse un velo?».