«La capacità media di resistenza di un'attività imprenditoriale senza liquidità è di un mese e mezzo. In molti lo abbiamo già superato», spiega Andrea Milazzo, che rappresenta gli artigiani. Lui è tra le voci che, attraverso l'Asaec, hanno scritto al prefetto
A Catania popolo senza ammortizzatori a rischio usura «Dal 10 maggio molti falliti o andranno da chi ha soldi»
Ci sono quelli che aspettano la cassa integrazione. E quelli che non possono godere della sospensione degli obblighi fiscali. Ci sono quelli a cui le banche negano il prestito, perché hanno due rate di finanziamento non onorate. E chi corre a chiedere il reddito di cittadinanza, finora sempre rifiutato. C’è l’esercito dei piccoli B&b aperti solo con codice fiscale, fuori da qualunque ammortizzatore sociale, e i titolari dei ristoranti dilaniati dai dubbi: è sostenibile riaprire con clienti forzatamente ridotti? C’è un popolo che soffre e che è a rischio più di altri. Esposto all’usura e alla criminalità organizzata. «La capacità media di resistenza di un’attività imprenditoriale senza liquidità è di un mese e mezzo. In molti lo abbiamo già superato – spiega Andrea Milazzo, presidente della Cna, che riunisce artigiani e piccole imprese -. Dopo il 10 maggio, senza una forte iniezione di liquidità a fondo perduto, molti chiuderanno o saranno costretti a bussare a chi quei soldi può darglieli subito».
Per avere un quadro realistico della situazione, la Prefettura di Catania ha sollecitato le associazioni antiracket del territorio a fornire informazioni dal loro punto di vista privilegiato. L’Asaec etnea ha deciso di girare il quesito direttamente ai suoi iscritti e alle associazioni di categoria con cui ha stretto collaborazioni, considerandoli le migliori antenne.
«Ho chiuso un giorno prima del decreto che ha disposto la chiusura – racconta un ristoratore che ha un’attività in centro a Catania – Tutti gli operatori del settore sono a terra. Alcuni non riapriranno. Io non lo so ancora; voglio vedere quali saranno gli adeguamenti da fare per rispettare le norme che il governo disporrà. Comunque, credo che non avrò più di dieci impiegati. Non ho pagato le locazioni di aprile. Non so come farò a maggio». Un collega che gestisce un’azienda agricola sull’Etna: «La gestione dell’azienda permane, l’attività apistica e la coltivazione del vigneto non hanno subito flessioni, non si può mettere in stand-by madre natura. Questo, anche se può sembrare strano, aggrava ancora di più la situazione poiché comporta costi che purtroppo non vengono bilanciati dagli introiti. Prima della chiusura l’azienda aveva 14 dipendenti totali. Attualmente solo in sei sono attivi ma stipendiati con i nostri risparmi, mentre siamo stati costretti a mettere in cassa integrazione gli altri otto. Il fatturato è calato drasticamente del 95 per cento».
Al Caf Borgo la crisi si misura coi numeri. «Registriamo una notevole richiesta di domande del calcolo Isee e del reddito di cittadinanza – spiega la responsabile Eliana Di Mauro – soprattutto di soggetti che avevano escluso questa forma di sostentamento nel 2019 perché magari impegnati in nero o con piccole collaborazioni saltuarie. Tema non affrontato è quello dei titolari di B&b aperti con codice fiscale: un piccolo esercito di professionisti ad ora dimenticato ed escluso dagli aiuti di Stato. Il rischio che qualcuno si possa rivolgere a canali poco trasparenti e a prestiti dai tassi usuranti è dietro l’angolo».
Il problema è sempre la liquidità. «Servono linee di credito a fondo perduto – spiega Milazzo, della Cna – Uno su tre non ha potuto godere delle sospensioni fiscali, lo ha fatto solo chi poteva dimostrare a marzo e aprile un crollo del fatturato superiore del 30 per cento. Ma molti fatturano dopo rispetto a quando hanno eseguito i lavori e non sono rientrati. Il credito d’imposta del 60 per cento sugli affitti è solo per gli immobili accatastati come C1, cioè i negozi. I laboratori artigiani sono C3. E sono fuori. I prestiti fino a 25mila euro? Chi non è in regola coi finanziamenti è tagliato fuori. Bastano due rate non pagate. E poi ci sono quelli già esposti con le banche: per loro gli istituti tendono a usare i nuovi prestiti per garantire i crediti già esposti. Servono finanziamenti a fondo perduto, altrimenti – conclude Milazzo – ci indebitiamo solo per pagare le tasse. E poi? Quando sarà il momento di ripartire, la malavita sarà lì ad aspettare».