Tribeart, la Guida mensile agli eventi d'arte in Sicilia online dal lontano 1999, incontra gli studenti dell'Accademia di belle arti che, nonostante siano numerosi, sono poco presenti nel panorama artistico catanese dominato da pochi eletti
A Catania lHdemia c’è, ma non si vede
«Stimolare appassionati d’arte, artisti, curatori, galleristi o semplicemente informare sugli eventi d’arte» questi gli scopi di Tribeart secondo Alessandro Fangano, uno dei fondatori dello storico mensile su internet da quasi 12 anni. L’incontro sul mensile dedicato all’arte in Sicilia si è svolto presso l’aula magna dell’Accademia di belle arti di Catania mercoledì 18 maggio. «Avendoli in casa, mi è sembrato giusto organizzare un evento nella nostra Accademia», così Gianluca Lombardo, docente di pittura e videoinstallazione.
La realtà artistica catanese è però piuttosto travagliata, a cominciare dalla scarsa partecipazione agli eventi artistici degli stessi studenti dell’Accademia – come riscontrato dalla redazione di Tribeart – che dovrebbero esserne i primi veri protagonisti. Per non parlare poi degli istituti pubblici per lo più inattivi (a cui sopperiscono le fondazioni private) e della mancanza, ad oggi, di un assessore alla Cultura, dopo le dimissioni di Marella Ferrera. L’Accademia di belle arti di Catania ha circa 2000 iscritti, il doppio rispetto a quella di Palermo. Eppure sembrano invisibili. «A Catania prevale l’individualismo, manca la capacità di fare “rete” – spiega Giuseppe Frazzetto docente di Accademia e collaboratore di Tribeart – a Palermo invece ci sono dei piccoli focolai artistici in grado di resistere e contagiare figure più giovani».
«Dovremmo essere noi adulti a guidare voi giovani, invece siamo paternalisti, vi guardiamo con sufficienza e voi giustamente avete paura! – interviene Giuseppina Radice, docente di Storia dell’Arte, rivolgendosi direttamente ai suoi alunni – Quella stessa paura che insozza le vostre idee al nascere e che non gli permette di crescere».
Di certo Alessandro Fangano e Vanessa Viscogliosi non si sono fatti scoraggiare da nessuno, portando avanti la loro “avventura” editoriale, che oggi è realtà.
«Dodici anni di attività, cominciata all’età di vent’anni – commenta Alessandro Fangano con fierezza, a nome anche di Vanessa Viscogliosi, redattrice e cofondatrice della rivista, che non ha potuto prendere parte all’incontro. Un percorso caratterizzato da una continua crescita, da scelte oculate e da impegno, costanza e coerenza, nonostante i numerosi ostacoli, soprattutto burocratici».
Tribeart nasce sul Web a Roma nel 1999, per poi trasferirsi a Catania nel 2001, due anni dopo si sviluppa il cartaceo: “Tribeart-La guida”, un pieghevole sul modello di Art Guide di Roma. Nel 2009 Tribeart diventa tabloid anche se è l’online che riscuote maggior successo.
Stampato in 8.000 copie, Tribeart è il primo mensile a distribuzione gratuita dedicato alle arti visive della Sicilia. Tante le rubriche, da “Urban” a “Spazi Aperti”, fino a “Ricreazione” e molto altro. Il periodico, viene distribuito in Sicilia e in abbonamento in tutta Italia. È inoltre scaricabile dal sito internet, che conta ogni mese oltre 30.000 accessi.
Per giungere al risultato sopracitato, la redazione ha sempre dovuto lottare, soprattutto agli esordi quando, da un noto gruppo editoriale, ha ricevuto la domanda: «Ma voi quando morite?». «Non potevano perdere dal 5 all’ 8% di pubblicità a causa di un prodotto free-press» spiega Alessandro Fangano. Le 16 pagine del tabloid sono curate attentamente, la pubblicità riguarda, infatti, esclusivamente gallerie d’arte, musei, librerie, strutture ricettive e tutto ciò che orbita intorno a manifestazioni artistiche e culturali. Anche la scelta di togliere la pubblicità dalla prima pagina va in controtendenza rispetto al mercato. Tribeart è così una sorta di tribù, si affida agli appassionati, agli artisti che sono gli stessi che distribuiscono il giornale o si abbonano, pur sapendo di poterlo reperire gratuitamente. La grafica è innovativa, i contenuti attenti ad ogni novità artistica e culturale, insomma, come disse qualcuno per complimentarsi: «Non sembra fatto in Sicilia».