A A A Banca di Siracusa ‘vendesi’. In arrivo i soliti avvoltoi del Nord?

C’è un po’ di amarezza tra i soci e i vertici della Banca di Credito cooperativo di Siracusa. L’ultima ispezione della Banca d’Italia è stata inclemente:  troppe sofferenze. Gli ispettori di Palazzo Koch hanno ‘suggerito’ una fusione con un istituto di credito più solido. Che, probabilmente si tradurrà in una vera e propria incorporazione.

Si apre dunque un nuovo risiko bancario nella provincia aretusea: chi si ‘papperà’  il bocconcino messo, praticamente, sul mercato dagli sceriffi di Bankitalia?

La Bcc di Siracusa, infatti, nonostante le ‘anomalie’ rivelate dall’Istituto di vigilanza, resta un piatto appetitoso. Basti considerare che il suo capitale sociale è  pari a 4,8 milioni di euro. Una cifra record per le Bcc siciliane che, mediamente,  non raccolgono neanche la metà della loro sorella siracusana.

Resta inoltre una banca che si innesta in uno dei territori più industrializzati della Sicilia ed è quindi avvantaggiata rispetto a quelle realtà, che pur svolgendo un ruolo fondamentale nell’erogazione del credito, insistono comunque in territori poveri.

In pole position, con le fauci ben aperte, ci sarebbe la Bcc di Pachino che a Siracusa ha già ‘divorato’  il Credito Aretuseo, sottoposto alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Ma non è l’unica. A corteggiare la Banca di Siracusa ci sarebbero, infatti, anche Bcc di altre province  della Sicilia occidentale, visto che la contiguità territoriale non è più un must per la Banca d’Italia. Desta preoccupazione nell’Isola, l’interesse mostrato  anche da qualche ‘squalo’  arrivato dall’oceano dei grandi gruppi bancari,  che di certo non  reinvestirebbero  la raccolta sul territorio.

In attesa di scoprire chi sarà il vincitore di questa nuova partita bancaria, merita una riflessione la solerzia con cui Banca d’Italia passa al setaccio le piccole banche.

Centinaia di bcc e di banche popolari, in tutta Italia,  sono già finiti nel mirino  degli ispettori  che ne hanno azzerato i vertici, inviando al loro posto degli appositi commissari (in provincia di Agrigento, eclatante il caso della Banca popolare San Francesco di Canicattì, dove a dire il vero, gli amministratori locali hanno fatto di tutto per distruggere quella che una volta era una importante presenza nel mondo del credito). I rilievi? Scarsi controlli, liquidità insufficiente oppure operazioni poco chiare.

Ci si chiede se Palazzo Koch usi la stessa severità con le grandi banche e il caso Montepaschi, sembrerebbe dire il contrario.

In ogni caso,  in Sicilia, ad esempio, la strategia sarebbe  quella di ridurre il numero delle attuali Bcc che sono 26.  Secondo alcuni osservatori del settore, Palazzo Koch, vorebbe  portarle ad una decina.  Il che, non sarebbe un grosso danno,  se si trattasse di fusioni tra banche locali. Diverso sarebbe se queste bcc venissero assorbite da quegli istituti di credito che non hanno nessun interesse a sostenere la crescita dell’economia siciliana.

L’attenzione è alta. Tra gli operatori del settore, infatti, è ancora vivo il ricordo di quelle politiche creditizie della Banca d’Italia, che, dal 1990 in poi, hanno portato alla distruzione del sistema creditizio siciliano.

Ricordiamo che, nell’arco di un ventennio la Sicilia, è stata letteralmente privata del proprio sistema di credito di riferimento. Nel 1993 è stata messa su un’indagine giudiziaria per ‘decapitare’ i vertici del Banco di Sicilia dell’epoca. Mentre i vari signori inviati in Sicilia dalla Banca d’Italia operavano i propri ‘magheggi’ sul Banco, altri ‘scenziati’ inviati sempre dala Banca d’Italia, disponevano la liquidazione coatta amministrativa della Sicilcassa (settembre 1997).
La scusa era che le due banche siciliane erano state gestite male. Tesi che era vera solo in parte. Anche in questo vaso, la verità era ben diversa.

E la verità era che c’erano altre grandi banche del Centro Nord Italia – che erano state gestite in modo analogo e, in alcun casi, in modo di gran lunga peggiore di come erano state gestite Banco di Sicilia e Sicilcassa – che andavano salvate perché così avevano deciso i massoni della Banca d’Italia. Di fatto, per salvare banche con bilanci molto più disastrati di quelli delle due grandi banche della nostra Isola, hanno utilizzato il patrimonio di Banco di Sicilia e Sicilcassa. Così è,  se vi pare. ..

 

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Antonella Sferrazza

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