Il Viminale ha dato il via libera all'utilizzo delle pistole elettriche in 18 centri italiani, anche a Catania, Messina e Palermo. Alcuni già scelti nel 2018 per la sperimentazione delle armi e da lunedì in dotazione definitiva. «Per i vulnerabili c'è il pericolo di morte»
Sicurezza, taser anche nelle grandi città della Sicilia Esperto: «Servirebbe affiancargli un defibrillatore»
«Parliamo di un’arma vera e propria». Maurizio Santomauro, specialista cardiologo e professore alla scuola di specializzazione di Cardiochirurgia dell’Università di Napoli, spiega a MeridioNews le conseguenze del subire i dardi di una pistola elettrica all’indomani del comunicato del ministero dell’Interno che dà il via libera all’utilizzo di 4482 armi a impulso elettrico in dotazione a carabinieri, polizia e guardia di finanza. Tra le 18 città in cui il Viminale intende «ridurre i rischi per l’incolumità del personale impegnato nelle attività di prevenzione e controllo del territorio», si legge nella nota, ci sono anche Palermo, Catania e Messina. La scossa generata raggiunge i 50mila volt e, tramite gli elettrodi, attraversa il corpo fino a immobilizzarlo. Un tiro efficace può essere sferrato da una distanza di massimo sette metri.
«Naturalmente prima di utilizzare il taser non viene chiesto lo stato di salute – incalza Santomauro – gli effetti potenziali sul cuore possono variare in base al soggetto che riceve la scarica elettrica». Ma cosa succede al cuore? «Normalmente non viene interessato – risponde chi, come Santomauro è anche presidente del Gruppo per l’Intervento nelle emergenze cardiolocircolatorie -, perché la scarica provoca la contrazione solo di alcuni muscoli periferici come quelli delle gambe e delle braccia». Il tessuto muscolare si irrigidisce e facilita l’immobilizzazione del soggetto, ma gli effetti non sono per tutti gli stessi e, per alcune categorie, non si limitano solo all’irrigidimento dei fasci muscolari. I soggetti vulnerabili, come per esempio «i portatori di peacemaker, le donne in gravidanza o chi ha malattie congenite aritmogene – spiega il docente – possono subire effetti diversi che possono portare alla morte».
Per questo, per Santomauro, la soluzione sarebbe accoppiare la pistola a un defibrillatore. «Già quattro anni fa ho suggerito all’Istituto superiore di Sanità di dotare gli equipaggi che dispongono della pistola elettrica – sottolinea il docente – anche di defibrillatori così da bloccare eventi gravi non voluti». Eventi per i quali la disciplina di utilizzo per le forze dell’ordine prevede il divieto di mirare al cuore. «Anche quello di non dare scariche in successione rapida – precisa Santomauro – che potrebbero avere conseguenze anche gravi». Le prime pistole elettriche furono progettate a partire dal 1998 e presero il nome taser quale acronimo di Thomas A. Swift’s Electronic Rifle. Oggi i paesi che utilizzano quest’arma sono più di cento. La prima disciplina in Italia si ebbe nel 1997, ma solo a luglio 2018 il ministero dell’Interno diede il via alla sperimentazione in dodici città.