Dieci persone del nucleo Safari sono atterrate nel capoluogo e, dopo 25 anni, hanno riabbracciato Shapoor, il cuoco del Moltivolti. «Felici di poter raccontare le storie di queste donne, di questi bambini, di questi uomini», ha detto Claudio Arestivo
È arrivata a Palermo la famiglia del cuoco afgano «Come navi nel Mediterraneo, abbiamo salvato vite»
Dieci persone, tra cui sei donne e due bambini sono stati messi in salvo dall’inferno afghano. Dopo avere lasciato qualche settimana fa, non senza pericoli e problemi, l’Afghanistan attraverso il confine con il Pakistan ed essere rimasti per lungo tempo nella capitale pakistana Islamabad in attesa dei visti per raggiungere il nostro Paese, la famiglia Safari ha finalmente raggiunto Palermo e ha potuto riabbracciare dopo 25 anni il loro amato Shapoor, anima e cuoco di Moltivolti.
Ad accogliere la famiglia in aeroporto il sindaco Leoluca Orlando, che si è molto speso nelle settimane passate con l’ambasciatore italiano in Pakistan per aiutare la famiglia a varcare il confine con l’Afghanistan e ricevere la documentazione necessaria per il viaggio. «Da oggi altri dieci afghani saranno dieci palermitani perché questa città li accoglie – ha detto il primo cittadino – L’accoglienza non è soltanto aspettare che qualcuno arrivi ma anche fare in modo che qualcuno si possa mettere in salvo rispetto alla morte, alla tortura e alla violenza. Questa sera Palermo, che si conferma città dell’accoglienza, è come una nave nel Mediterraneo che salva un naufrago, questa è una famiglia di naufraghi arrivati dal cielo, in aereo, e Palermo è pronta ad accoglierli».
«Una gioia immensa – commenta il cuoco afghano, che non rivede la sua famiglia da 25 anni – È stata dura ma ce l’abbiamo fatta grazie all’aiuto di tante persone che mi sono state accanto e sono riuscite a far arrivare qui le mie sorelle, i miei nipoti e i miei nipotini». Ad aspettare la famiglia c’è anche Feroz, un grande mazzo di fiori in mano e un sorriso gigante, è un cugino di Shapoor arrivato da Francoforte per riabbracciare la moglie Waheda che non vede da cinque anni. Era riuscito a trasferirsi in Germania qualche anno fa e trovare lavoro in una friggitoria, il suo sogno è quello di poter andare a vivere con la moglie a Francoforte.
Dietro i volti stanchi di questa famiglia ci sono storie di uomini e donne che nel corso della loro vita hanno visto più volte cambiare il proprio paese e, di conseguenza, le loro vite, passando per l’orrore della guerra ma cercando sempre di resistere con dignità e condurre un’esistenza di lavoro e onestà. C’è una giovane donna che ha studiato per diventare ostetrica, ha fatto nascere molti bambini e lavorava in un ospedale, ma da quando i talebani hanno ripreso il potere le è stato vietato di lavorare. C’è la sorella maggiore di Shapoor che per tanti anni ha lavorato come addetta alle pulizie negli uffici delle banca centrale dell’Afghanistan, riuscendo così a dare stabilità economica alla sua famiglia. C’è anche un giovane giornalista e blogger, che nel corso degli anni ha più volte denunciato attraverso il network d’informazione indipendente che aveva fondato, casi di storture e corruzione del suo paese, è stato minacciato più volte dai talebani e ha dovuto trascorrere lunghi mesi nascosto prima di avvicinarsi al confine pakistano e riuscire a fuggire.
Ci sono anche due bambini piccoli con le loro mamme, accolti con regali e abbracci in aeroporto. Sul loro volto nessuna traccia di stanchezza o tristezza, solo un grande sorriso e tutto l’entusiasmo e la gioia, tipica dei bambini per le nuove avventure. «Siamo felici di poter raccontare le storie di queste donne, di questi bambini, di questi giovani uomini che per una volta arrivano nel nostro Paese e non vengono trattati come numeri, ma come persone – commenta Claudio Arestivo, socio fondatore di Moltivolti – Sembrava impossibile, ma ce l’abbiamo fatta».
Fondamentale per la riuscita di tutte le operazioni è stato anche il contributo di React, associazione no profit inglese fondata da Giovanna Stopponi che dal 2007 si occupa di rifugiati. «Siamo sollevati di essere riusciti ad aiutare questa famiglia ma non dimentichiamo tutti gli uomini le donne e i bambini che dovrebbero essere accolti in maniera sicura e legale quando ciò si renda necessario e che purtroppo ora non lo sono. Il nostro lavoro dimostra che questo è possibile quando esiste un forte sforzo dal basso, una volontà politica e un connubio tra le realtà sociali – racconta Stopponi – Ci sono state diverse criticità durante questo percorso, da Kabul al confine pakistano con notevoli rischi per l’incolumità di queste persone, all’arrivo in Pakistan per l’ottenimento dei visti necessari per lasciare il Paese».
La famiglia sarà sottoposta, nei prossimi giorni, a una quarantena sanitaria obbligatoria. Trascorsi questi dieci giorni la loro nuova vita a Palermo inizierà con una grande festa nel cuore di Ballarò, organizzata per loro dal loro amato Shapoor.