Gli arrestati nell'ambito dell'operazione di questa mattina della squadra mobile di Caltanissetta sono il 51enne Marco Ferrigno, il 50enne Massimo Terlati e il 44enne Emanuele Cassarà. Le indagini sono cominciate nel luglio del 2019
Gela, la minaccia al commerciante: «Chiudi o ti uccidiamo» Tra gli indagati per mafia pure due collaboratori di giustizia
«Chiudi o ti uccidiamo». Con frasi di questo tenore i tre arrestati nell’ambito dell’operazione di questa mattina della squadra mobile di Caltanissetta – con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso e di fare parte del clan Rinzivillo – avrebbero minacciato un commerciante di ortofrutta di Gela per spingerlo a chiudere la propria attività. Uno dei tre, infatti, gestiva un esercizio commerciale in concorrenza con quello della vittima.
Si tratta Marco Ferrigno (di 51 anni), Massimo Terlati (di 50 anni) ed Emanuele Cassarà (di 44 anni). Tutti e tre sono indagati, a vario titolo, per associazione per delinquere di tipo mafioso, in relazione alla loro appartenenza alla famiglia mafiosa dei Rinzivillo di Gela e di estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’indagine, coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Caltanissetta, ha avuto inizio nel luglio del 2019 e ha preso il via dalla verifica di anomali rapporti tra due collaboratori di giustizia (anch’essi indagati in questo procedimento), già appartenenti a Cosa nostra e tuttora affiliati alla stessa famiglia. Le attività investigative svolte, oltre a fare emergere macroscopiche violazioni alla disciplina in tema di collaborazione con la giustizia da parte delle persone intercettate, hanno consentito di verificare come i due abbiano mantenuto rapporti costanti con soggetti tuttora appartenenti al clan Rinzivillo, tra cui quelli tratti in arresto questa mattina.
Tutti i sodali e coloro con i quali avevano rapporti, avrebbero manifestato anche una particolare acredine nei confronti di appartenenti alla squadra mobile, con generici propositi di vendetta per l’attività ritenuta «troppo scrupolosa» condotta dagli inquirenti. In sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare sono state eseguite perquisizioni, delegate dai sostituti procuratori titolari delle indagini, anche a carico degli altri soggetti denunciati, alcuni percettori del reddito di cittadinanza, non colpiti da misure cautelari.