L'Autorità garante della concorrenza ha messo in discussione quanto deliberato dall'Ati per adeguarsi a ciò che la legge prevede dal 1994. Sullo sfondo ci sono le pretese della Sie, una società che da 15 anni porta avanti un lungo contenzioso
Acqua, come gestore unico ora si pensa a una Spa Resistenza dei privati mette a rischio fondi del Pnrr
Ventisette anni, non proprio ieri. Tanto è trascorso dall’entrata in vigore della legge Galli, la prima a introdurre il principio di una gestione integrata delle acque all’interno di porzioni di territorio sufficientemente ampie da garantire economie di scala. In Sicilia, tuttavia, questo tempo è passato senza colpo ferire o quasi, e questo nonostante nel 2006 il codice dell’ambiente abbia ancora di più definito la materia. Adesso però i nodi stanno arrivando al pettine e il rischio di perdere il treno chiamato Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, con i suoi oltre due miliardi di euro destinati alla realizzazione di infrastrutture idriche in Italia, inizia ad allarmare il governo nazionale e l’Arera, l’autorità di regolazione per energia reti e ambiente che ha ipotizzato di commissariare per almeno quattro anni le realtà inadempienti. Molto più a valle, nei territori, lì dove le governance dei servizi come quello della distribuzione dell’acqua significano anche posti di sotto governo e gestione del potere, la sensazione è che questo di consapevolezza sia ancora ovattata. Il caso dell’Ato etneo in un certo senso fa scuola.
Se il 2020 si era chiuso con l’Assemblea territoriale idrica – l’ente a cui aderisco i 58 Comuni della provincia – che aveva deliberato la nascita di una società consortile per la gestione in house integrata del servizio, di cui avrebbero fatto parte Sidra, Acoset, Sogip e Ama, il 2021 è stato segnato da ricorsi e un procedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) che hanno cambiato le carte in tavola. In entrambe le situazioni a essere protagoniste sono stati i tanti soggetti privati che fin qui hanno popolato la galassia di piccoli e medi gestori del servizio nel Catanese. E che non ci stanno a farsi da parte per lasciare che l’intero servizio passi in mano al pubblico. La più agguerrita è senz’altro la Servizi idrici etnei. Conosciuta con l’acronimo Sie, è la società per azioni pubblico-privata che si occupa della distribuzione dell’acqua in diversi comuni della parte meridionale della provincia. Da Caltagirone a Militello in Val di Catania, da San Cono a San Michele di Ganzaria, a cui da qualche anno si sono aggiunti anche Licodia Eubea, Grammichele e Vizzini.
A rivolgersi a febbraio all’Agcm è stata la Hydro Catania, il socio privato di minoranza di Sie, mettendo sostanzialmente in dubbio la legittimità della scelta dell’Ati di gestire in house il servizio. Un rilievo basato sul convincimento secondo cui l’ente non avrebbe realmente valutato i costi e i benefici delle alternative a disposizione: indire una gara pubblica per affidare la gestione a un privato oppure optare per una gestione mista pubblico-privata. Da parte sua, l’Agcm ha sollevato perplessità sull’ipotesi di una società consortile, intravedendo in questa soluzione gattopardesca, utile sostanzialmente a garantire a Sidra, Sogip, Ama e Acoset di proseguire in una ripartizione del territorio a cui sarebbe seguita una gestione di fatto separata. Da parte dell’Assemblea territoriale idrica la risposta è stata quella di giocare d’anticipo, scartando la società consortile a favore di una società per azioni destinata soltanto a soggetti pubblici. In modo da rasserenare l’Agcm ma al contempo di difendere la scelta della gestione in house.
Per quanto possa sembrare che si tratti di una querelle burocratica o tutt’al più rivolta agli addetti ai lavori, quella che si sta giocando in questi mesi è una partita che inevitabilmente si rifletterà sul futuro del territorio. Dalla qualità delle forniture idriche ai sistemi fognari, dalla possibilità di avere reti idriche non più colabrodo ai riflessi che ciò sul medio-lungo termine potrebbe significare in termini di costi in bolletta. E di tempo stavolta non sembra essercene molto: l’ultimo ultimatum per l’affidamento del servizio al gestore unico è fissato a fine ottobre. A meno di ulteriori proroghe, che potrebbero essere concesse ma che non sposterebbero di molto l’orizzonte temporale, la necessità è quella di fare in fretta. Pena, non poter usufruire della pioggia di risorse che arriverà dall’Europa.
Ma se la logica vorrebbe che in una situazione del genere i singoli Comuni mostrassero una comunione d’intenti, la realtà parla ancora di perplessità manifestate più o meno sotto banco. A ciò si aggiunge il tentativo dei privati di dare forza alle proprie ragioni. A tal proposito va detto che tra Sie e l’ente che governa l’Ato idrico è ancora aperto, da oltre tre lustri, un contenzioso seguito a una gara d’appalto vinta, nel 2004, dalla società mista per l’affidamento del servizio nell’intera provincia ma su cui successivamente si è pronunciato il Cga annullandone gli effetti e dando il la quindici anni di battaglie legali ancora non concluse. Pretese a cui ancora oggi la società non vuole rinunciare.
In questa storia non mancano i tratti paradossali. Se la maggioranza delle quote di Sie è in mano al pubblico – ex Provincia e Comuni -, dentro Hydro Catania non ci sono soltanto privati. Il capitale di quest’ultima, infatti, è detenuto dal consorzio Consorzio stabile generale infrastrutture, ma tra i soci figurano anche Acoset, Sidra e Ama. Sogip esclusa, gli soggetti che dovrebbero unire le forze e diventare gestore unico. Le stesse società a cui il ricorso di Hydro Catania ha messo il bastone tra le ruote. Salvo essere, in qualche modo, parte di quel bastone.