Con la crisi politica e il decadimento del consiglio di amministrazione per le dimissioni dei renziani, l'azienda si prepara a gestire un problema molto più grave: la chiusura della discarica di Lentini. «Potremmo conferire fuori regione, ma sarebbero i cittadini a pagare»
Rap in mano ai revisori, ma il problema non è il Cda Randazzo: «La situazione rifiuti è diventata esplosiva»
Uno dei primi risultati della crisi politica in atto al Comune di Palermo, con la spaccatura della maggioranza e l’uscita forzata di Italia viva, è stato il disgregamento del consiglio di amministrazione della Rap, con le dimissioni di due consiglieri e il presidente Giuseppe Norata costretto a cedere il passo per decadimento di tutto il direttivo. L’azienda che si occupa della gestione dei rifiuti per il Comune di Palermo si è così ritrovata in mano ai revisori dei conti nel momento forse più difficile della storia della partecipata, con la chiusura imminente della discarica di Lentini, il principale sito di conferimento per i rifiuti palermitani.
«Il problema c’è – spiega Antonino Randazzo, consigliere del Movimento 5 Stelle – Ma è un problema generale, slegato dalle vicende politiche. Norata ha fatto il possibile, portando l’idea di centro comunale di raccolta a Palermo, il centro di compostaggio e altre cose che erano state programmate. La discarica di Lentini chiude a fine mese, se non c’è proroga, e molti Comuni siciliani, tra cui Palermo, avranno difficoltà a trovare uno sbocco e quindi dovremmo immaginare un futuro con i rifiuti portati fuori regione: un sistema che rischia di andare ulteriormente in crisi e i costi che lievitano. Una situazione preoccupante, perché per tutto il 2021 non avremo a disposizione la discarica di Bellolampo». Il centro per i rifiuti palermitano infatti è saturo per la parte che riguarda l’indifferenziato, con le tante e ripetute criticità che hanno di volta in volta messo a dura prova il sistema di raccolta. Motivo per cui i i rifiuti sono finiti, appunto, a Lentini. Una soluzione che è costata all’azienda, nel solo 2019, più di 26 milioni di euro, cifra destinata a salire in maniera esponenziale in caso di trasferimento dei rifiuti oltre lo Stretto.
«Per la mancata programmazione regionale si rischia di fare lievitare costi di gestione – continua ancora Randazzo – La situazione è pesante e preoccupante e alla fine a pagarne il conto dovranno essere i cittadini, come prevede la normativa sulla Tari, a meno che la Regione non si assuma le proprie responsabilità e conceda dei ristori ai Comuni per questi extra costi. Una cosa ragionevole perché sappiamo tutti che il problema è frutto di una mancata implementazione impiantistica. La discarica di Bellolampo doveva essere pronta nel 2019, il commissario nominato da Roma è stato Nello Musumeci e ancora non c’è la settima vasca. Per carità, siamo a buon punto, alle battute finali per arrivare all’inizio dei lavori, che sicuramente non finiranno nel 2021».
Il paradosso è che l’aumento dei costi si ripercuoterà in generale sulla Tari, anche per quegli esercizi commerciali rimasti chiusi in tempo di Covid che, pur non avendo beneficiato del servizio, dovranno comunque gestire la spesa. «Abbiamo i cittadini allo stremo – spiega il consigliere – soprattutto i commercianti. Dall’altro lato non si può immediatamente abbassare la Tari, perché strutture come la Rap hanno dei costi fissi. Se avessimo avuto una discarica di proprietà si sarebbe potuto decidere in autonomia di attuare una riduzione per i commercianti. Invece, adesso, la situazione è esplosiva a livello sia cittadino che regionale. Il rischio è che aumenti l’evasione, non per disonestà, ma perché la gente non ce la fa».