Il Comune del Calatino era zona rossa già prima dell'intera Isola. Con sempre più casi, tutte le lezioni erano sospese fino al 31 gennaio. Pochi giorni dopo, il commissario ha deciso di seguire la linea regionale e riaprire ai più piccoli. Ma le famiglie protestano
Ramacca, genitori contro la riapertura delle scuole Il comitato: «Perché cambiare idea in pochi giorni?»
Da un lato i genitori e gli alunni preoccupati dell’andamento dei contagi, dall’altro le ordinanze del commissario Domenico Targia – che da ottobre amministra il Comune di Ramacca dopo che l’ex sindaco Pippo Limoli è stato sfiduciato – che ha deciso di tenere aperta la scuola, alla luce delle ultime scelte assunte dal presidente della Regione Nello Musumeci sul fronte anti-Covid. È questo lo scenario che si è delineato nel Comune del Calatino – zona rossa prima che a diventarlo fosse tutta l’Isola – dove da lunedì dovrebbero ripartire le attività didattiche nonostante l’opposizione di alcune famiglie. Per tentare di sollevare e risolvere la questione, nella città nel Calatino alcuni genitori hanno dato vita al comitato Scuolinsieme e alla pagina Facebook Comitato Genitori di Ramacca, che in pochi giorni conta oltre 350 iscritti. «Da genitori siamo molto preoccupati – afferma uno di loro – Il commissario Targia aveva fatto riprendere le attività in presenza già da lunedì 18, ma le aule sono rimaste vuote. Resosi conto delle assenze, mercoledì ha sospeso le lezioni e ha stabilito per oggi lo screening del personale scolastico. Lunedì ripartiranno le lezioni in presenza, ma noi vogliamo che tutto prosegua a distanza».
Le preoccupazioni delle famiglie sono legate alla situazione che si è creata a Ramacca dopo le vacanze natalizie: su una popolazione di circa 10mila abitanti si sono arrivati a contare oltre 200 contagiati. Tanto da spingere il commissario, il 12 gennaio, a chiedere la zona rossa. La quale, tra le altre cose, prevedeva proprio la chiusura delle scuole fino al 31 gennaio. Poco dopo, il 17 gennaio, tutta l’Isola viene dichiarata zona rossa e il governatore regionale Nello Musumeci adotta misure ancora più stringenti rispetto a quelle nazionali. A eccezione della scuola, su cui si fa dietrofront, stabilendo che le lezioni della scuola primaria e del primo anno di secondaria di primo grado possano svolgersi in presenza. «In quattro giorni, dal 12 al 16, il commissario ha annullato ordinanze e provvedimenti precedenti – continua il genitore – La scorsa settimana, prima che riprendessero le lezioni, aveva avuto una riunione con la dirigente scolastica per discutere la questione, ma nel frattempo aveva già fatto emanare l’ordinanza di riapertura della scuola: che senso ha avuto allora quell’incontro?».
Una parte delle domande che gli stessi genitori del comitato Scuolinsieme adesso hanno raccolto in una lettera indirizzata a Targa e agli uffici competenti. Con il documento chiedono un incontro in videochiamata col commissario, oltre alla chiusura della scuola fino al 31 gennaio. Non prima, però, di uno screening esteso agli abitanti del Comune e a una sanificazione dei locali scolastici. E d’altronde il dibattito sulle lezioni in presenza rimane aperto anche a livello nazionale. Da un lato c’è la politica – con il governatore Musumeci che ha scelto di aderire alla linea di riapertura della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina -, dall’altro le preoccupazioni delle famiglie e i dati dei contagi. L’Istituto superiore di Sanità ha analizzato l’andamento epidemico tra i giovani da agosto a dicembre, rilevando una bassa incidenza di contagi da Covid-19.
È positivo soltanto lo 0,7 per cento dei giovani studenti su una percentuale complessiva dell’8,3 per cento. Meno incoraggianti sono i dati secondo i quali, da quando sono iniziate le attività scolastiche e fino alla fine del 2020, si sono rilevati 3173 focolai, ovvero il 2 per cento del totale. Di questi, il 40 per cento dei casi riguarda gli adolescenti tra i 14 e 18 anni. Il 27 per cento dei contagiati, invece, sono ragazzi dai 6 ai 10 anni. Mentre dagli undici ai tredici anni è stato contagiato il 23 per cento degli studenti appartenenti ai focolai registrati. Altrettanto bassa, secondo i dati, appare l’ospedalizzazione, che si attesta allo 0,7 per cento. Ma se è vero che i giovani si ammalano meno e meno intensamente, la preoccupazione rimane per le famiglie e per la forma di babysitting più diffusa: i nonni.