Casteldaccia, 28 anni fa sparivano Salvatore e Mariano «Qualcuno sa, è ora di dire cosa accadde quel giorno»

Il 31 marzo di 28 anni fa era il 1992 e in un assolato primo pomeriggio primaverile sparivano da Casteldaccia Mariana Farina e Salvatore Colletta, due ragazzini di 12 e 15 anni. Un partita di pallone con qualche amico e poco dopo più nessuna traccia di entrambi. A casa infatti, quella sera, nessuno dei due farà ritorno. Piste dopo piste, il caso rimane ancora oggi aperto. Che fine hanno fatto questi due ragazzini? A fasi alterne è saltata fuori l’ipotesi di una vendetta mafiosa, categoricamente esclusa invece dalle famiglie di Salvatore e Mariano. Nel 2017 a piombare nel bel mezzo della vicenda fu la scoperta di alcuni resti umani ritrovati in una caverna a Roccamena, che hanno subito fatto pensare alle modalità tipiche di Cosa nostra per occultare i corpi delle vittime e ai due ragazzini spariti anni prima. Ma una primissima analisi che collocherebbe quelle ossa tra gli anni ’60 e ’70 metterebbe automaticamente fuori gioco la pista. L’ipotesi della mafia, però, sembra farsi di nuovo concreta quando, pochi mesi fa, un collaboratore di giustizia rivela a MeridioNews che a far sparire Salvatore e Mariano sarebbero stati proprio gli uomini di Cosa nostra.

Versione, anche questa, respinta con forza soprattutto dalla famiglia del piccolo Salvatore Colletta, convinta da sempre che la mafia non c’entri nulla in questa scomparsa e che gli amichetti dell’epoca dei due ragazzini, oggi adulti, sappiano esattamente cosa sia accaduto quel giorno. Carmela La Spina, mamma di Salvatore, non perde infatti occasione per lanciare un appello a chiunque sappia, affinché si faccia avanti e chiarisca un mistero che si trascina da ormai 28 anni. «Anche oggi voglio lanciare un appello a chi sa – spiega la signora -, con l’assoluta certezza che le ultime persone che hanno visto mio figlio sanno cosa gli sia accaduto quel giorno e sanno sicuramente più di quanto dichiarato sino ad oggi. Io non so più quanti appelli fare ancora per smuovere la vostra coscienza, perché fino ad oggi io non so nulla mentre voi vivete nell’omertà essendo padri di famiglia, avendo dei figli. Provate solo per un attimo a mettervi nei miei panni per capire quello che io quotidianamente provo, sperando che un giorno qualcuno di voi che allora era un ragazzino si possa pulire la coscienza e dire ciò che sa».

«Io non mi fermo – aggiunge -,cercherò mio figlio sempre fino a che la verità non verrà fuori, a prescindere da tutti quelli che oggi mi dicono che non dovrei più cercarlo perché potrebbe essere morto». La lotta per la verità che Carmela e la sua famiglia portano avanti da quel 31 marzo ’92 non si fermerà di fronte a nulla e da 28 anni ormai non conosce rassegnazione. «Sono indignata da questo genere di commenti e da alcuni genitori di ragazzi che sanno dettagli particolari sulla scomparsa di mio figlio e non parlano facendo stare in silenzio i propri figli – continua a dire -. Salvatore è stato purtroppo trasportato, trascinato a scappare via perché non aveva alcun motivo di fuggire da casa e chi lo conosce sa che ragazzo era e sa che famiglia siamo. È un ragazzo tanto timido, buono, rispettoso ed educato nei confronti di tutti. Non aveva nessun problema a casa né a scuola, caratterialmente era un ragazzo introverso, molto legato alla famiglia e ai suoi fratelli e sorelle. «Io non ho paura di dire che Salvatore si è fatto coinvolgere da Mariano per poter fuggire via – dice, rilanciando un’ipotesi di cui ha pubblicamente parlato più volte -. Erano due ragazzini tanto diversi, Mariano era molto più vivace, era cresciuto negli USA, aveva una mente molto più spigliata e da sempre aveva nostalgia dell’America».

Secondo Carmela La Spina, inoltre, pare che lo stesso piccolo Mariano, solo pochi giorni prima di sparire con Salvatore, avesse chiesto a un altro suo figlio più piccolo di rubare a loro genitori dei soldi per poter scappare via con lui. Richiesta a cui il ragazzo rispose con un netto diniego. Quindici giorni dopo ecco che in effetti Mariano sparisce davvero, e insieme a lui anche Salvatore. «I ragazzini di allora sanno qualcosa in più che non dicono – insiste la signora Carmela -. Io mi rivolgo a voi e vi chiedo per favore di parlare, ho il diritto di sapere come madre che cosa è accaduto a mio figlio. Se è morto voglio poter piangere su una tomba, portargli un fiore e raggiungere almeno un luogo di sepoltura e non vivere la mia vita nell’incertezza. Mio figlio aveva solo 15 anni quando è scomparso, oggi ne avrebbe 44… Ed io vivo questo inferno da 28 anni perché voi non parlate, se non volete metterci la faccia almeno parlate e dite tutto ciò che sapete in anonimato, in qualsiasi modo ma dite ciò che può essere utile nel farci arrivare alla verità».

«Infine, mi rivolgo a te figlio mio – continua -, se in qualche modo sei ancora in vita e prego Dio affinché tu lo sia ancora, se puoi leggere questo appello sappi che tua madre ti vuole bene e ti aspetta, che manchi a tutta la tua famiglia e che ovunque tu sia spero che stia bene… Quante cose ci siamo persi in questi anni, ma se solo tornassi potremmo recuperare tutto il tempo non passato assieme. In questo particolare momento che sta mettendo ansia e paura a tutta l’umanità il nostro pensiero non può che essere rivolto a te Salvatore, a te e a tutti gli scomparsi del mondo. Il mondo ha paura, ha paura del presente e del domani. Questo virus è arrivato senza un preavviso così come è arrivata la tua scomparsa, stessa ansia e stesso panico dopo. Solo che la nostra paura è quella di non poterti più rivedere e dura da 28 anni. Chiedo a tutti gli organi competenti di continuare a indagare perché si conosca finalmente la verità. Fino ai primi sei anni dalla scomparsa di Salvatore abbiamo ricevuto 1.500 segnalazioni su di lui e Mariano avvistati in compagnia dei nomadi in tutta Italia, per molti anni ho chiesto di indagare su questa pista e lo chiedo tutt’oggi perché ci credo e perché ero io stessa a ricevere telefonate e segnalazioni. Una sera mi ha anche chiamata lui, “mamma sono io”, ho riconosciuto la sua voce ma qualcuno deve avergli tolto il telefono dalle mani. Negli anni però siamo stati lasciati soli da tutti».


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