«I dubbi di Legambiente sui rischi per le falde, nonostante le rassicurazioni della ditta, risultano avere riscontri concreti». Gli attivisti per la difesa dell'ambiente continuano la battaglia per impedire le trivellazioni nell'area della valle del fiume Irminio. E uno studio della Provincia iblea, giunto troppo tardi alla Regione, dà loro ragione
Ragusa, continua la lotta alle trivelle Uno studio conferma il rischio inquinamento
Procede serrata la battaglia di Legambiente contro la trivellazione nell’area del fiume Irminio, in provincia di Ragusa. Secondo uno studio del settore Geologia della Provincia iblea, la particolare morfologia del territorio rende molto reale il rischio di inquinamento delle falde acquifere, con grave danno per l’ecosistema della riserva protetta e delle attività agricole e zootecniche della zona. Una valle all’interno della quale la legge non permetterebbe realizzazione di impianti industriali, tanto meno attività estrattiva.
Poche centinaia di metri separano il sito individuato dalla ditta Irminio srl dal fiume. In caso di incidente, sarebbero in pericolo sorgenti e pozzi in tutta la valle. «In particolare – scrivono i membri del circolo ambientalista Il carrubbo – c’è il rischio di perdere la sorgente Mussillo, la più importante della provincia, con una portata di circa 500 litri al secondo che alimenta lirrigazione di tremila ettari di terreni irrigui nel territorio di Scicli, oltre ad altre fonti idriche quali le sorgenti Giummarra e Fontana nuova, i pozzi Eredità, Castellana e quelli del consorzio di bonifica di cui due servono per alimentare lacquedotto di Marina di Ragusa».
Purtroppo lo studio dei tecnici provinciali – che ha preso in esame anche le modalità di trivellazione – è giunto sui tavoli della Regione troppo tardi, quando ormai la concessione alla ditta Irminio srl era già stata siglata. Adesso ci si trova davanti a una situazione ingarbugliata: da una parte un’azienda che ha ricevuto un parere favorevole, dall’altra un ente provinciale che sottopone un giudizio negativo sull’operazione. Secondo gli studi consultati dagli esperti di Legambiente, «nell’area di fondovalle del fiume Irminio cè un acquifero superficiale estremamente vulnerabile, all’interno del quale rientrano tutte le sorgenti e buona parte dei pozzi». Un inquinante – «se sufficientemente veicolato» – potrebbe raggiungere la falda in poche ore, con tutte le conseguenze del caso.
Già in passato, denuncia l’associazione ambientalista, si è sfiorato il disastro ambientale. In due occasioni, l’anno scorso e nel 2004, si sono verificati eventi che avrebbero dovuto spingere le autorità a prendere provvedimenti. Dal canto suo, la Irminio srl nega che ci siano stati episodi di inquinamento. Ma, ribattono i membri del circolo, «la ditta stessa non considera neanche la continuità idraulica del fiume Irminio, e il rischio di inquinamento della riserva naturale Macchia Foresta del fiume Irminio e del sito di interesse comunitario Fondali foce del fiume Irminio». In caso di sversamento, la prima sorgente coinvolta sarebbe la Mussillo e se da un lato l’azienda minimizza l’eventuale impatto, gli ambientalisti fanno notare come l’eventuale contaminazione dell’acqua può risalire in breve a tutta la catena alimentare. Dai prodotti coltivati agli animali che se ne nutrono negli allevamenti della zona. «Come ulteriore beffa per l’agricoltura – continuano i membri de Il carrubbo – le trivellazioni si vogliono effettuare all’interno di un campo di mais destinato a produrre alimenti per le diverse aziende zootecniche da latte presenti nella zona», settore d’eccellenza del Ragusano.
Non dormono sonni tranquilli, gli attivisti: «I dubbi di Legambiente sui rischi per le falde, nonostante le rassicurazioni della ditta, risultano avere riscontri concreti, e quindi ulteriori perplessità si aggiungono a quelle destate dall’autorizzazione di massima alle ricerche petrolifere rilasciata dalla Soprintendenza, in contrasto col Piano paesaggistico».
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