Francesco Paolo Lombardino sarebbe stato ucciso per errore. Suo zio Giuseppe Lombardino, arrestato stanotte, avrebbe indirizzato i colpi contro Carmelo Testagrossa, al culmine di una lite per droga. Una tragedia seguita dal «depistaggio» messo in atto dai parenti
Omicidio al Cep, fermato uno zio della vittima Lo sparo fatale era destinato a un altro uomo
C’è un nome e un fermato per l’omicidio di Francesco Paolo Lombardino, il carpentiere ucciso da un colpo di pistola la notte tra il 26 e il 27 dicembre nei pressi di piazza Cellini, al Cep. Si tratta del 61enne Giuseppe Lombardino, zio della vittima, arrestato ieri in tarda serata, in seguito al fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo. Le indagini si sono rivelate complesse sin dall’inizio, soprattutto per via delle «informazioni false e reticenti» fornite da parenti e famigliari della vittima, che hanno persino reso difficile in un primo momento l’individuazione esatta del luogo dell’aggressione.
Che sarebbe stata generata da una lite violenta tra la vittima e lo zio con una terza persona, lite legata a questioni relative al consumo di stupefacenti. L’altro uomo coinvolto sarebbe Carmelo Testagrossa, già quella stessa notte aggredito con un coltello da Giuseppe Lombardino. Quest’ultimo, al culmine della rabbia e della violenza, avrebbe successivamente estratto una pistola sparando all’indirizzo proprio di Testagrossa, suo vero bersaglio, che però si sarebbe riparato dietro Francesco Paolo Lombardino, rimasto colpito da un proiettile all’inguine. Un colpo fatale che, di lì a poco, intorno alle tre di notte, lo farà morire dissanguato malgrado la corsa fino all’ospedale Cervello.
Il depistaggio dei parenti sarebbe iniziato sin dai primi minuti del delitto. Invece di fare intervenire i soccorsi avrebbero portato il ferito direttamente in ospedale con l’auto della sorella, una Toyota Yaris, raccontando però ai poliziotti che ad accompagnare la vittima era stato un automobilista che passava per caso. Solo grazie alle telecamere gli agenti della mobile sono riusciti a trovare il luogo del delitto, a un chilometro dall’abitazione della vittima. «Un vero e proprio depistaggio – spiega il capo della mobile Rodolfo Ruperti -, che però è fallito. I parenti interrogati non ci hanno voluto indicare neppure il luogo dell’agguato, lo abbiamo dovuto scoprire noi da soli dopo più di sei ore. Insomma, i parenti avrebbero messo su una sorta di cordone per cercare di salvaguardare il presunto responsabile. Alla fine, l’uomo è stato preso a casa di un amico, con precedenti penali».
Un caso difficile, insomma, dove a mancare è stata da subito una componente essenziale, cioè la collaborazione delle persone vicine alla vittima, ma anche dei vicini della zona. Un depistaggio messo in piedi in fretta e furia per coprire quell’omicidio per errore, che era nato però dalla volontà comunque di uccidere una persona. «I parenti hanno depistato dal primo all’ultimo minuto, non c’è stata nessuna collaborazione, a loro interessava solo coprire l’altro parente – precisa il capo della mobile Ruperti -. E anche i vicini, le persone della zona, neppure loro hanno detto niente». Nessuno, insomma, ha collaborato. Fatta eccezione per un’unica persona, l’uomo che doveva morire. Quel Carmelo Testagrossa, soggetto con precedenti per droga, che «alla fine ha dato un contributo alle indagini – spiega ancora il capo della mobile -. Una volta messo alle strette ha raccontato tutto». E, a quanto pare, è stato l’unico.
AGGIORNAMENTO: Francesco Paolo Lombardino poteva essere salvato: è quanto avrebbe accertato l’autopsia condotta all’istituto di medicina legale del Policlinico. Fatale per la vittima sarebbe stata la decisione dei parenti di non chiamare il 118 e di trasportare direttamente l’uomo in ospedale con l’obiettivo di depistare le indagini della polizia.