Vale 334 milioni di euro, esclusa l'Iva. I documenti sono online da qualche ora e le imprese stanno iniziando a studiarli, per valutare una eventuale partecipazione. Le ultime volte che l'appalto è stato bandito, non si è presentata nessuna ditta
Pubblicata la gara settennale per la raccolta rifiuti Se non saranno aggiudicati tutti i lotti, sarà proroga
Ci sono voluti anni e, di nuovo, i dubbi si addensano. La gara settennale per la raccolta dei rifiuti a Catania è stata pubblicata questa mattina. Come raccontato da MeridioNews, i lotti sono quattro e l’importo complessivo è di quasi 334 milioni di euro che, inclusa l’iva, diventano 369 milioni. Termine per la presentazione delle offerte è il 15 gennaio 2020. Salta, dunque, nei fatti, la scadenza per l’avvio della nuova gestione messa nero su bianco dal Comune a ottobre 2019: i documenti, già all’epoca considerati troppo ottimisti, parlavano di inizio all’1 gennaio 2020. A lavoro dovranno andare almeno 775 operai, almeno secondo quanto previsto dalla Relazione sull’affidamento allegata all’impegno di spesa approvato nelle scorse settimane dal Consiglio comunale di Catania. Un documento che modifica, aggiungendo un centinaio di unità di personale, il piano d’intervento approvato dal senato cittadino nel 2016.
I documenti di gara sono online da qualche ora: centinaia di pagine all’interno delle quali si passa in rassegna la futura organizzazione del servizio di igiene urbana cittadina e si pongono gli obiettivi di differenziata per il prossimo settennio. Il 16 per cento nel primo anno di servizio, il 25 per cento nel secondo, il 36 per cento nel terzo, il 46 per cento nel quarto, il 53 per cento nel quinto, il 60 per cento nel sesto e il 65 per cento nel settimo. Percentuali destinate a relegare anche per i prossimi anni il capoluogo etneo ai posti finali della classifica regionale (e peggio ancora se si guarda al dato nazionale) per la differenziazione dei rifiuti.
Dopo le varie gare andate deserte negli anni passati, la speranza è che questa sia la volta buona. Per la prima volta, infatti, viene recepita l’indicazione dell’Anac, l’Agenzia nazionale anticorruzione, sulla suddivisione in lotti dell’appalto. Un tentativo era stato fatto anche dalla passata amministrazione: i due macrolotti in cui era stata divisa la città, però, andavano a gara insieme. Cioè con un unico importo a base d’asta e nessuna possibilità che ad aggiudicarseli fossero due imprese differenti. Stavolta i quattro macrolotti sono davvero divisi e le imprese che dovessero decidere di partecipare potrebbero aggiudicarsene al massimo due.
E qui sta un buco nelle previsioni del bando e del disciplinare di gara. Immaginiamo che si presenti solo una azienda, interessata a solo uno dei lotti in appalto. Poniamo che l’offerta sia valida e che si possa procedere con l’affidamento. Cosa accadrebbe? Secondo quanto si apprende, l’azienda potrebbe iniziare a lavorare nel lotto che si è aggiudicata, mentre negli altri – nell’attesa che venga bandita una nuova gara – continuerebbero con la gestione della vecchia impresa contraente. Cioè la Dusty con l’aiuto di Energetikambiente, sua subappaltatrice.
Nei fatti, quindi, la città andrebbe a due velocità. E dovrebbero essere rimodulati anche i numeri: con una zona di Catania in meno, a rigor di logica bisognerebbe ridurre anche l’importo contrattuale nei confronti della Dusty e la dotazione del personale per il cantiere etneo a essa affidato. Condizioni, queste, che farebbero venire meno l’assunto fondamentale per la concessione della proroga: cioè che vengano rispettate le condizioni dell’affidamento precedente, cioè quello che va in proroga.
Le questioni giuridiche saranno difficili da dirimere. Così come quelle tecniche. Un utile d’impresa stimato all’1,5 per cento sembra essere considerato troppo basso, così come le spese generali previste al 3 per cento. Un stima irrealistica, dice chi è del mestiere. Il tema dei lavoratori, poi, sarà quello cavalcato da tutte le sigle sindacali: ci sono centinaia di eccedenze tra le persone attualmente in servizio e quelle previste nel futuro contratto. Cioè centinaia di persone che, c’è da giurarlo, scenderanno in strada di fronte al rischio di perdere il lavoro.