Palermo, Catturandi smantellata dai tagli Siap: «Come se la mafia fosse già sconfitta»

«La Catturandi viene smembrata». La VIII sezione della squadra mobile di Palermo impegnata a dare la caccia ai latitanti di Cosa Nostra – famosa per aver catturato boss come Bernardo Provenzano e Salvatore e Sandro Lo Piccolo – vittima di tagli e spending review. Parte del suo personale, infatti, è stato «destinato ad altri servizi» per mancanza di risorse. A denunciarlo è una nota diffusa dal Siap (Sindacato italiano appartenti polizia) – ripresa nei giorni scorsi dal sito di informazione Dieci e Venticinque di Bologna – nella quale punta il dito contro la questura palermitana e una «soluzione finale a cui non credevamo in nessun modo di poter arrivare».

«Questore e Dirigente della Mobile di Palermo – si legge nel comunicato – iniziano a smantellare di fatto la Catturandi, squadra formata da quegli uomini sulle cui fatiche e sacrifici si sono, anche, fondate le carriere e le fortune di molti dirigenti (capi della polizia, vice capi, questori, dirigenti generali e superiori, primi dirigenti)». «Sarà un caso – continua la nota – che lo smantellamento di questa squadra avvenga per mano del primo che non ci ha ricavato un ragno dal buco?». Accuse dure, quelle del Siap, che critica fortemente la soluzione di tagliare senza «neppure un tentativo di conciliare le posizioni». Sottolineando come «l’affidabilità, l’esperienza, la professionalità, i sacrifici di alcuni dei suoi uomini e donne, proprio mentre si sta cercando ad un tiro di schioppo l’ultimo grande latitante (Matteo Messina Denaro, ndr), vengono destinate altrove».

La Catturandi – che nel suo organico conta circa una cinquantina di agenti tra i 25 e i 45 anni – nel corso degli anni, «è stata ed è il segno che la mafia poteva essere sconfitta, che i suoi mostri sacri non erano intoccabili, che vincere era possibile, che il sangue dei troppi colleghi che ci hanno preceduto non era stato versato invano». La Siap non ci sta che la squadra degli agenti con il passamontagna, simbolo della lotta alla mafia, che ha contribuito a stanare e mettere le manette ai polsi di pericolosi latitanti del calibro di Giovanni Brusca, Giovanni Nicchi, Benedetto Spera, Domenico Raccuglia e Pietro Aglieri, sia resa vittima della politica dei tagli. Quegli uomini incappucciati, costretti per motivi di sicurezza a mantenere l’anonimato, acclamati come eroi dalla società civile. Le cui rocambolesche operazioni di cattura sono state documentate anche numerosi tra documentari e servizi tv. Nonché raccontate nel libro Catturandi, scritto da I.M.D., un agente di 36 anni rimasto anonimo per tutelare la sua incolumità.

«Emblema forse che i tempi cambiano e non sempre in bene. Come dire “ieri  osannati, lodati e premiati, oggi, siccome non ci servite più in questa quantità, spostati e destinati ad altro”», accusa il sindacato di polizia. Proprio quando, all’appello degli arresti importanti, manca solo il nome dell’ultimo padrino Messina Denaro. «Si doveva aspettare ancora un attimo. Si deve dare la possibilità di chiudere il cerchio a quegli uomini che hanno avuto il gravissimo torto di essere stati troppo bravi, di avere arrestato tutti». «A meno che – afferma la sigla sindacale – non si voglia sostenere che poiché, oggi, non ci sono grandi latitanti di Cosa Nostra, e che a Palermo e in tutto il Distretto di Corte d’Appello non ce ne saranno in futuro, non c’è bisogno della Catturandi strutturata come è sempre stata». Come se – ironizza amara la nota della Siap – la mafia fosse già stata sconfitta.

«Non si tratta solo di rispetto degli accordi sindacali – puntualizza la nota del Siap – ma della «mortificazione della dignità di uomini che a Palermo hanno fatto la storia della lotta alla mafia, hanno costruito la carriera di molti funzionari e costituiscono per il futuro il vero baluardo antimafia del nostro Paese». Annunciando che, sulla vicenda della Catturandi,  non arretrerà di un passo. E farà sentire la sua voce per non farla passare sotto silenzio. «Chi decide di uffici come questo decide delle speranze e delle aspettative della gente. La società civile deve sapere. Nessuna telefonata ambigua riuscirà a fermarci», conclude il sindacato.

Una richiesta, a cui si augurano che la Questura di Palermo non rimanga sorda. «Questo non è più un problema sindacale riguardante l’assegnazione di nuovi incarichi al personale, né tanto meno una semplice riorganizzazione del lavoro o delle risorse, o di spendig review de noiartri. E’ una questione che riguarda i mezzi per la lotta alla mafia e quindi tutti i cittadini».


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