Giuseppe Arcidiacono assicura di avere «imposto alla ditta la scadenza per il mese di novembre». Di rinvio in rinvio, gli assegnatari degli alloggi di viale Moncada a Librino dovranno aspettare almeno la fine dell'anno
Palazzo di cemento, altre proroghe per lavori e penali L’assessore: «Sarà il regalo di Natale per 96 famiglie»
Di proroga in proroga, c’è chi non ha perso (ancora) la speranza che il cantiere del palazzo di cemento venga definitivamente chiuso entro la fine dell’anno. «I lavori sono stati quasi del tutto ultimati», dice a MeridioNews l’assessore ai Lavori pubblici Pippo Arcidiacono. Nell’ultima delle timeline, la consegna dei lavori era stata fissata per il 30 ottobre. L’ennesima proroga, dopo le «scadenze perentorie» sistematicamente non rispettate di fine luglio e di fine settembre. Anche delle penali intimate non c’è stata alcuna traccia. Rinvio dopo rinvio, ora si è arrivati alla fine dell’anno. Il secondo di ritardo rispetto al cronoprogramma iniziale.
«Abbiamo imposto alla ditta la scadenza a novembre, altrimenti – ripete l’assessore – scatteranno le penali. Mi auguro stiano lavorando in maniera celere. Dopo la consegna dei lavori – mette le mani avanti – ci vorranno ancora i tempi tecnici per le questioni legate al catasto e ad altre verifiche burocratiche indispensabili. Tutto considerato spero di potere fare un regalo di Natale alle 96 famiglie in attesa degli alloggi». Le graduatorie dei futuri inquilini dell’immobile al civico numero 3 di viale Moncada, infatti, sono già pronte e ufficiali da tempo.
Dopo il ritrovamento nei vani ascensore e nei piani alti di arsenali di armi e ordigni e il blocco dovuto allo sciopero dei lavoratori per i mancati pagamenti, il motivo della lentezza degli interventi di recupero e risanamento è stato l’insufficienza di manodopera impiegata dalla ditta che si è aggiudicata l’appalto, la Salvatore Coco con sede a Paternò.
La torre di cemento, con i suoi 52 metri d’altezza per 16 piani, è stata realizzata nel 1981 dall’imprenditore Francesco Finocchiaro, ritenuto uno dei quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa da Pippo Fava, il giornalista ucciso dalla mafia nel 1984. Negli anni è passata dall’essere un simbolo del degrado come centrale dello spaccio in mano alla famiglia mafiosa degli Arena – che adesso ha spostato i traffici nell’edificio di fronte – ad auspicato emblema della legalità del quartiere dormitorio della periferia sud-est della città.