Per il terzo anno si rinnova l'appuntamento coi servizi offerti all'interno del centro sociale, offerti alla popolazione più indigente. Il cardiologo Franco Ingrilli, che qui fa il volontario: «Da noi arrivano persone che a volte devono capire ciò di cui hanno bisogno»
Anomalia, riparte l’ambulatorio popolare a Borgo Vecchio «Siamo diventati il primo impatto sanitario per il quartiere»
La novità più grande, nell’ambulatorio popolare che rinnova per il terzo anno l’appuntamento con Borgo Vecchio all’interno del centro sociale Anomalia, è l’ecografo a quattro sonde donato dal M5s. Per il quartiere palermitano si ampliano dunque i servizi medici gratuiti offerti da una ventina di professionisti che offrono in maniera volontaria il proprio contributo alla variegata popolazione che sempre più li richiede: indigenti, proletari, migranti regolari e irregolari. Dall’elettrocardiogramma alle visite ginecologiche a quelle neurologiche, l’ambulatorio copre un’ampia gamma di servizi. E torna dunque ammodernato, con attrezzature nuove che di nuovo sono frutto di donazioni.
«Questo è un ambulatorio multispecialistico – spiega Franco Ingrilli, cardiologo a Villa Sofia e medico volontario nell’ambulatorio – nel senso che noi qui facciamo accoglienza. Qui arrivano persone che innanzitutto devono capire ciò di cui hanno bisogno, che non sanno a chi rivolgersi. Facciamo dunque orientamento al servizio sanitario nazionale, perché non vogliamo sostituirci ad esso ma vogliamo che il pubblico sappia rispondere alle esigenze di salute della popolazione. Poi è vero che la carenza di medici negli ospedali è cronica, così come sono lunghissimi i tempi di attesa per la più semplice visita».
La consapevolezza è che in quartieri popolari come Borgo Vecchio non esistono altri presidi sanitari. «Ci sarebbe il medico di base – osserva Ingrilli – ma ormai sono dei mischini, che si limitano a scrivere ricette. Il medico di base non è più il primo impatto di salute della gente, che invece è diventato il pronto soccorso dell’ospedale, che significa aver creato un percorso assistenziale inefficace e appropriato. Mancando i presidi territoriali è questo lo scenario. Quindi il primo impatto sanitario per molti è diventato il nostro. Poi è chiaro che molti pazienti magari me li porto a Villa Sofia, perché qui comunque esami più accurati non si possono fare».
Il punto insomma è che esperienze come quelle dell’ambulatorio popolare riescono a garantire quel diritto alla salute che in teoria è compito delle istituzioni tutelare. Un’esperienza importante, dunque, soprattutto perché nasce all’interno di un centro sociale che ha rapporti consolidati col quartiere e che non si esauriscono certamente all’interno di una cornice limitata come quella legalitaria. «Qui ci sono assistenti sociali, sociologi e pediatri coi quali vorremmo lavorare per una più ampia educazione sanitaria con le scuole – continua Ingrilli – Spaziare insomma e favorire un’alimentazione vegetariana e biologica, ad esempio, per favorire non solo l’aspetto sanitario ma anche sociosanitario. Oppure penso al fatto che i consultori ormai sono strutture carenti, per cui vorremmo che l’ambulatorio diventasse un counseling ginecologico, per quel che concerne ad esempio la contraccezione e più in generale la procreazione. Ormai manca anche un posto dove confrontarsi. E non è un caso dunque che la gente che arriva qui chieda soprattutto le visite».