La nuova avventura dello Stallone ferito e incompreso In vacanza a Linguaglossa, pronto il ritorno a Catania

«Il cavallo dove lo metto?». Se fosse stata ispirata a Catania, la canzone di Domenico Modugno sul vecchietto probabilmente avrebbe avuto un altro protagonista. Ovvero, la statua di bronzo dello Stallone ferito realizzata dallo scultore Francesco Messina. Realizza alla fine degli anni Sessanta – nello stesso periodo di quella del Cavallo morente che, dal 1966, si trova nel giardino della direzione generale della Rai, in viale Mazzini a Roma – dal 1999 l’opera è di proprietà del Comune di Catania. Da quel momento però la statua dell’animale con gli attributi in bella mostra non ha trovato una collocazione definitiva e ha continuato a trottare da un posto all’altro. Fino a Linguaglossa – paese di origine di Messina – in cui ha trovato una sistemazione temporanea

Finita l’esposizione alla Fiera mediterranea del cavallo alla tenuta Ambelia a Militello Val di Catania, da circa un mese la statua si trova nella cittadina alle falde dell’Etna. «L’abbiamo sistemata in piazza Annunziata davanti al museo dedicato al suo scultore su una lastra fatta di pietrisco lavico – spiega a MeridioNews il sindaco Salvatore Puglisi – Così si crea l’impressione che l’animale si adagi sulla lava. Siamo molto soddisfatti di avere qui l’opera e siamo lontani dalle sterili polemiche del passato. Del resto – aggiunge il primo cittadino – non ci scandalizziamo per i Bronzi di Riace che hanno il membro di fuori». Il motivo della vacanza estiva dello Stallone nel paese natale di Messina «è che dal 10 agosto al 10 settembre allestiremo la prima mostra sull’artista con 14 tra le sue opere più belle». 

Un momento di protagonismo che sembra cosa fatta, eppure «sulla mostra attualmente non c’è nulla di scritto – precisa l’assessora alle Attività culturali del Comune di Catania Barbara Mirabella – La statua è in prestito a Linguaglossa fino alla fine di settembre e, ufficialmente, non è stata chiesta una proroga. Poi – aggiunge – se la mostra sarà confermata saremo lieti di lasciarla anche qualche altro mese». Prima o dopo, comunque, la statua tornerà nel capoluogo etneo. Ma dove? «Rientrata in città – assicura Mirabella – verrà sistemata di nuovo nell’ultimo posto dove è stata dal 2014, cioè in piazza Galatea, dove è visibile ma anche al sicuro dalle barbarie. Anche se a me – conclude l’assessora – sarebbe piaciuta l’idea di esporla in piazza Federico II di Svevia». In pratica, un ritorno alle origini. È nello slargo davanti al Castello Ursino che comincia, infatti, nel 1999 la storia delle peregrinazioni dello Stallone

Un’odissea che dura da vent’anni fatta di spostamenti e coperture. Dal piazzale prospiciente al Castello Ursino, la statua viene trasferita al centro di quella che all’epoca era piazza Vittorio Emanuele II – l’attuale piazza Ettore Majorana – che tutti i catanesi conoscono come piazza Umberto. È qui che, prima nel luglio del 2002 e poi ancora nello stesso mese del 2013, il cavallo viene accusato di impudicizia in occasione del passaggio della processione della Madonna del Carmine. Nel primo caso, i genitali della statua vengono coperti con una sorta di mutanda ferrata; undici anni dopo è ancora l’iniziativa di alcuni devoti a coprire interamente l’opera con un drappo rosso scarlatto provando a trasformarla in un altarino improvvisato con tanto di statuetta della Madonna, santuzze e fiori.

«È assurdo che si creino delle polemiche perché una statua viene ritenuta indecente o sconcia – commenta Nicola Loi uno dei componenti della Fondazione Francesco Messina di Milano – Resta inaccettabile il fatto che dei privati decidano di intervenire su un’opera d’arte in qualsiasi modo». Bozzetti dell’opera sono esposti in tutto il mondo e «mai altrove è accaduta una cosa del genere». La passione di Messina per questo animale «nasce dopo un viaggio in Patagonia (una regione dell’estremo sud dell’America Latina, ndr) dove ha avuto la possibilità di entrare a contatto con cavalli allo stato brado. È lì – racconta Loi che ha seguito Messina negli ultimi 30 anni – che prende appunti e butta giù i primi bozzetti e, una volta rientrato, realizza dieci statue». Tra queste, appunto, il cavallo ormai simbolo della sede Rai e il suo sfortunato fratello catanese.


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