I due consiglieri tirano un sospiro di sollievo dopo la caduta dell'aggravante mafiosa, nell'ambito dell'inchiesta sulla corruzione elettorale nel Comune etneo, e confermano il loro impegno politico. Due loro vecchi alleati in primo piano, però, li incalzano
Adrano, Floresta e Ingrassia non mollano lo scranno Pure l’ex sindaco Ferrante chiede le loro dimissioni
Non si placa la discussione sulla bufera giudiziaria abbattutasi su due consiglieri comunali di Adrano. Sotto inchiesta ci sono Federico Floresta, 42 anni, e Maria Grazia Ingrassia, 35, eletti nel giugno del 2018 con la lista Adrano Attiva, affiancata al candidato sindaco del centrodestra Aldo Di Primo, poi sconfitto al ballottaggio. Proprio quest’ultimo, oggi presidente del consiglio, aveva invitato i due consiglieri interessati «Ad assumere una posizione responsabile rassegnando le dimissioni o autosospendendosi dal loro incarico, in attesa di potere chiarire più liberamente e in maniera definitiva la loro posizione».
I due consiglieri hanno risposto picche. «Non essendoci l’aggravante mafiosa – ha detto a MeridioNews Floresta parlando anche per conto della collega Ingrassia – la nostra posizione giudiziaria si è alleggerita. Non ci dimettiamo, né ci autosospendiamo perché, caduto questa contestazione, il consiglio non rischia lo scioglimento, né la nostra attività inficerà gli atti dell’aula. Ma quello che ci teniamo a precisare è che adesso siamo più sicuri di prima della nostra estraneità ai fatti che ci vengono contestati». Floresta ha evidenziato inoltre che, ad oggi, si sono soltanto chiuse le indagini e non c’è stato alcun rinvio a giudizio. «Per la consigliera Ingrassia chiederemo l’archiviazione – ha proseguito il consigliere – mentre per quanto mi riguarda chiederemo un supplemento d’indagine. Alla fine siamo certi che la vicenda sarà chiarita».
Sulla vicenda è intervenuto attraverso una nota il movimento politico Adrano attiva, ossia la lista dove sono stati eletti i due consiglieri indagati. Il movimento trova nell’ex sindaco di Adrano Pippo Ferrante il suo massimo referente politico: «Esprimiamo totale fiducia nel lavoro dei magistrati, condividendo pertanto le preoccupazioni espresse da più parti – si legge – perché l’accusa è così grave da ritenere imprescindibili le dimissioni dei consiglieri coinvolti. Tutto ciò nel rispetto delle istituzioni, della città e della lista civica che in buona fede li ha candidati. Permanere nel ruolo sarebbe un gesto di grande arroganza». Una botta cui Floresta replica ricordando le passate disavventure di Ferrante: «Anche l’ex primo cittadino Ferrante è stato indagato quando era sindaco, eppure non si è dimesso e alla fine è stato prosciolto. Allora anche lui, in quella circostanza, avrebbe assunto un atteggiamento di arroganza».
Sono complessivamente 14 le persone iscritte nel registro degli indagati per le quali la procura di Catania ha emesso un avviso di conclusione indagini. Tra gli accusati c’è anche il marito di Ingrassia, Antonio Furnari. A Floresta, Ingrassia e Furnari, la procura ha contestato l’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale con l’accusa di avere «gestito una rete di soggetti che avrebbe dovuto agire sul territorio per procacciare voti». In cambio la promessa di soldi (tra 25 e 50 euro) o altre utilità, come una pizza. In un primo momento i magistrati avevano ipotizzato anche la pesante ombra dei clan mafiosi locali. Ma la chiusura del fascicolo non ha lasciato traccia dell’aggravante.