Questa mattina, il tribunale delle Libertà ha ascoltato le posizioni degli avvocati che hanno chiesto l'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti delle persone coinvolte nel blitz di marzo. Tra queste anche i fratelli Rosario Zuccaro e Andrea Zeta
Inchiesta Zeta, attesa per esito richiesta al Riesame «L’Ecs dogana? Erano soltanto questioni di lavoro»
L’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare perché «le intercettazioni evidenziano che si trattava esclusivamente di questioni di lavoro». È questa la richiesta dell’avvocato Salvatore Centorbi, che assiste – tra gli altri – Rosario e Filippo Zuccaro, figli del boss Maurizio, entrambi accusati di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Zeta. Il blitz che si chiama così per via del nome d’arte del giovane Filippo, conosciuto nel mondo della musica neomelodica come Andrea Zeta. Questa mattina, in un’aula al pianterreno del tribunale di piazza Verga, i giudici del Riesame hanno ascoltato le motivazioni dei legali difensori di diversi dei destinatari dell’ordinanza. Per l’inizio della prossima settimana si attende la decisione sull’eventuale conferma, annullamento o rimodulazione della misura cautelare. È tornata in libertà già nei giorni scorsi, invece, Graziella Acciarito, la madre dei due rampolli Zuccaro: per lei la giudice per le indagini preliminari ha revocato gli arresti domiciliari dopo l’interrogatorio di garanzia.
Al centro dell’operazione antimafia eseguita dalla squadra mobile di Catania c’è un presunto sistema di estorsioni, intestazioni fittizie e legami con Cosa nostra. Questi ultimi, nel caso dei due fratelli Zuccaro, sotto la rispettata ombra del capomafia Maurizio Zuccaro, ergastolano detenuto nel carcere di Milano Opera, che da dietro le sbarre avrebbe dato indicazioni ai figli sugli affari di famiglia da mandare avanti. Ed è proprio grazie alle registrazioni dei colloqui nella casa circondariale che i magistrati della procura di Catania sono riusciti a ricostruire la storia dietro all’affare attorno al quale ruota l’inchiesta: l’imposizione del servizio di sicurezza alla discoteca Ecs dogana club, all’interno della Vecchia dogana del porto Catania. I due gestori Alessandro Scardilli e Rosario Coniglione si sarebbero trovati al centro di una doppia imposizione da parte della mafia: da una parte il clan Cappello, rappresentato dal presunto boss Massimiliano Salvo, e dall’altra la famiglia Santapaola-Ercolano, il cui nome sarebbe stato tenuto alto proprio dai due giovani Zuccaro.
«Questa mattina in aula abbiamo rappresentato un fatto del quale siamo pienamente convinti – spiega a MeridioNews il difensore Centorbi – Le conversazioni riguardano esclusivamente questioni di lavoro, non c’è nulla di illecito». Discussioni imprenditoriali, insomma, lontane dall’orbita di Cosa nostra. «Quanto contenuto negli atti dell’inchiesta è evidente, vedremo nei prossimi giorni quale sarà l’esito della nostra richiesta». Il tribunale delle Libertà dovrebbe esprimersi nei prossimi giorni.