La criminalità organizzata del territorio è in fermento e cerca di rimpinguare le sue casse attraverso le attività illecite storiche come lo spaccio e le estorsioni. È il dato che emerge dall'inchiesta, costola di Cupola 2.0, che ha portato all'arresto di 32 persone. Video
Operazione Atena: cocaina, turismo e caffè Così si autofinanziava la nuova Cosa nostra
Cosa nostra è in fermento e a caccia di denaro per ritornare forte e lo fa affidandosi alle attività illecite più redditizie, come il traffico di droga e le estorsioni. Un dato che emerge dall’operazione Atena, condotta dai carabinieri del comando provinciale, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo, che ha portato all’arresto di 32 persone. L’operazione è la prosecuzione di un’altra inchiesta, Cupola 2.0, del 4 dicembre scorso. Colpito uno dei mandamenti più importanti dei 15 presenti in città e provincia, quello di Porta Nuova.
Dall’inchiesta appare chiaro «come le due attività che venivano condotte dal mandamento di Porta Nuova – riferisce il comandante provinciale dei carabinieri Antonio Di Stasio – erano quelle storiche del traffico di sostanze stupefacenti all’estorsione». Il comandante dei carabinieri sottolinea come tutte le risultanze investigative non sono altro che uno spin-off di quelle che erano state condotte sempre dai carabinieri a dicembre, che portarono all’arresto non soltanto del capo della nuova commissione provinciale, ma anche di capi mandamento di altre compagini di cosa nostra molto importanti sul territorio di Palermo. In quell’occasione fu colpito il mandamento di Belmonte Mezzagno e lo stesso mandamento di Porta Nuova con l’arresto del reuccio Gregorio Di Giovanni.
«Ecco come la nuova commissione provinciale che si era costituita – continua Di Stasio – voleva ritornare forte, e attraverso le sue articolazioni e i suoi mandamenti si stava dedicando quelle che continuavano a essere forse le vere attività illecite per rimpinguare le casse di cosa nostra e anche per sostenere le famiglie di chi è già in carcere». L’operazione condotta oggi, oltre a colpire gli spacciatori, ha portato alla luce gli autori di cinque estorsioni, consumate o tentate, nei confronti di commercianti di Palermo, e ha colpito anche due attività imprenditoriali, una che opera nel turismo, la Pronto bus Sicilia Srl, e l’altra una nota trattoria alla Vucciria di Palermo Osteria del Casereccio, sottoposte a sequestro preventivo. Sigilli anche a due attività di rivendita di caffè. Contestato il reato di illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso per avere imposto la fornitura di caffè a bar del territorio.
Insomma lo spaccio di droga continua a essere fonte di approvvigionamento importante per cosa nostra, forse seguito soltanto dalle estorsioni. Una domanda, quella di sostanze stupefacenti, soprattutto cocaina, che invece di diminuire sta aumentando e riguarda anche cittadini facoltosi. Sono stati documentati circa 200 acquirenti tra professionisti e imprenditori, che saranno segnalati alla prefettura in qualità di assuntori. «Sono numerosi – afferma Di Stasio – anche perché la droga ha un costo e purtroppo alcuni acquirenti hanno la possibilità di acquistarla. C’è questo fermento in cosa nostra, questo spasmodico desiderio di rimpinguare le casse e quindi ritorna in auge lo spaccio di sostanze stupefacenti. C’è anche il desiderio di cosa nostra di ricostituire quei canali di approvvigionamento autonomo: oggi e si trovano costretti a ricorrere al mercato calabrese o a quello campano». Sequestrata una grossa quantità di denaro contante che era nelle disponibilità di uno dei 32 colpiti dalla misura.
Anche questa volta i commercianti colpiti hanno denunciato, anche se in sede di interrogatorio, quando già i militari avevano acquisito anche dal punto di vista delle intercettazioni e dei video, il pagamento dell’estortore. «Ma chi non ha l’onore e il privilegio di indossare questa uniforme – conclude il comandante provinciale – può essere vittima di una forma di paura giustificabile. Lo Stato e l’arma dei carabinieri devono creare quelle risposte puntuali perché possa innescarsi quel sentimento di fiducia che gli operatori di giustizia devono guadagnarsi nei confronti dei cittadini».