Minori nigeriane costrette a prostituirsi, quattro arresti Dovevano pagare pure l’affitto della strada per battere

Onda, Baba e Maya. Tutti nomi di fantasia, tutte donne con una storia molto simile: arrivate in Italia dalla Nigeria molto giovani (Onda era ancora minorenne) e costrette a prostituirsi dietro la minaccia degli effetti del rito esoterico ju-ju. Costrette a pagare il debito per il viaggio dall’Africa al nostro Paese, il vitto e l’alloggio dalla madama che le faceva battere sul marciapiede e perfino l’ugbo, il terreno, vale a dire la postazione sulla strada, i pochi metri assegnati a ogni donna per attirare i clienti. È questa l’ennesima vicenda di sfruttamento scoperta dalla direzione distrettuale antimafia della procura di Catania, che ha chiesto e ottenuto l’arresto di quattro persone: Helen Ihama (classe 1977), suo fratello Eddy Ihama (classe 1983), la moglie di quest’ultimo Epios Amolwi (classe 1988), e la loro collega Juliet Eghianruwa (classe 1994). Le accuse sono, a vario di titolo e in concorso con altre persone non identificate in Nigeria e in Libia, di tratta di persone aggravata dalla transnazionalità e dall’avere agito ai danni di minori, facendo rischiare loro la morte, nonché favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.

L’indagine parte dal racconto di Onda, arrivata minorenne nel 2016 sulla nave della guardia costiera italiana Dattilo, assieme a 359 migranti di varie nazionalità. La giovanissima aveva raccontato di essere stata reclutata con la falsa promessa di una occupazione lavorativa lecita da svolgere in Italia, assieme alla sorella della donna che l’aveva contattata. Da lì, poi, era cominciato tutto: il rito ju-ju, il debito di ingaggio di circa 20mila euro da ripagare, la comunicazione che sarebbe stata prelevata dal centro di accoglienza per essere avviata alla prostituzione su strada al fine di saldare il dovuto con la Nigeria. E se Onda era riuscita a raccontare ogni cosa alle forze dell’ordine, lo stesso non era accaduto per altre connazionali, già «messe a reddito». A loro toccava anche il pagamento di cento euro al mese per l’ugbo, cioè il posto su strada.

Dalle intercettazioni, poi, sarebbe emersa una particolare attenzione degli accusati nei confronti di quanto avvenuto in Nigeria: a marzo 2018, nell’Edo State, l’Oba (il re) Ewuare II aveva dichiarato illegali i riti ju-ju e annullato tutti i vincoli scaturenti da questa pratica. Una sorta di liberazione per le donne nigeriane, non più vincolate all’ubbidienza in cambio della libertà dalla maledizione. «Oba non ha mai detto a nessuna ragazza che già si trova qua (in Italia, ndr) di non pagare il proprio debito», sostiene uno degli indagati, registrato dalle cimici della polizia. «Costi quel che costi, io voglio che mi venga scontato il debito», conclude. I quattro cittadini nigeriani sono stati arrestati dalla squadra mobile di Catania, in collaborazione con quella di Caserta, e sono stati portati nella casa circondariale della città campana, a disposizione dell’autorità giudiziaria.


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