Ci sono fondi statali che dal 1998 attendono di essere spesi sulle strutture sanitarie siciliane. Lo sblocco era stato dato per cosa fatta già un anno fa. La strada è in realtà ancora lunga: a febbraio il ministero dovrebbe vagliare il piano programmatico della Regione
Sanità, fermi da oltre vent’anni 224 milioni di euro Congelati al ministero 59 interventi sugli ospedali
Il ventesimo compleanno lo hanno già compiuto e adesso si accingono a festeggiare il ventunesimo. Sono i 224 milioni di euro che, dal 1998, aspettano di essere spesi per gli ospedali siciliani. Non solo opere strutturali, ma anche acquisti di macchinari e adeguamenti tecnologici: in totale si tratta di 59 interventi, che la Regione Siciliana aveva annunciato (un anno fa) di avere finalmente sbloccato dopo un ventennio d’attesa. Soltanto che, a ben guardare, dei fondi ancora non si sente parlare. Tanto che gli uffici tecnici di aziende sanitarie provinciali e ospedaliere, alla specifica domanda, rispondono spesso facendo spallucce: «Quanti milioni?». A ripercorrere la storia, poi, la memoria torna a molti. E qualcuno, lapidario, liquida la questione con una battuta amara: «Aspettiamo di festeggiare i trent’anni senza vederli». L’argomento è un documento che transita negli uffici di Palermo sotto il nome di Addendum all’accordo di programma con il ministero della Sanità. Nella pratica si tratta di un elenco di migliorie negli ospedali di tutte le province siciliane. Alcune, soprattutto alla luce della rete ospedaliera, tornano attualissime: per esempio quelle che prevedono l’adeguamento strutturale, per quattro milioni e mezzo di euro, dell’ospedale di Giarre (in provincia di Catania), che dovrebbe riavere presto il suo pronto soccorso.
A febbraio 2018 aveva riacceso i riflettori su queste somme l’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza. È lui a dichiarare alla stampa con tono soddisfatto: «Abbiamo sbloccato una situazione che, per anni, non permetteva l’adeguamento a norma di diverse strutture ospedaliere. Molte di queste erano fatiscenti e in attesa, da oltre un lustro, dei finanziamenti previsti dal precedente Accordo di programma. Da oggi potranno adeguarsi alla normativa vigente e compiere un passo avanti importante, con risvolti positivi sia sul rischio clinico dei pazienti che sul miglioramento dell’assistenza». In realtà quel «da oggi» si è di nuovo scontrato con la burocrazia romana. E il 6 novembre 2018 dall’assessorato regionale viene fuori un documento che spiega, in parte, i motivi di questo ulteriore ritardo.
Per farla semplice: il ministero, a novembre 2017, aveva chiesto alcune precisazioni su un documento inviato in precedenza dalla Regione Siciliana con l’elenco degli interventi. Il 31 gennaio 2018 la Regione risponde e Razza, pochi giorni dopo, dà l’ottenimento dei fondi per cosa fatta. Il problema, però, è che a maggio 2018 il ministero risponde ancora: servono altre integrazioni. A guardare l’elenco delle modifiche richieste, però, a saltare agli occhi è la loro entità: mancavano una data, un numero di protocollo e una precisazione sul fatto che si trattasse di interventi «di partecipazione statale e regionale». Poca cosa, insomma, a cui gli uffici del capoluogo regionale rispondono, appunto, a novembre. Con le integrazioni richieste e rinnovando l’intenzione di stipulare il famoso accordo di programma. In virtù del quale lo Stato ci mette il 95 per cento delle somme, e la Regione il resto.
«Adesso il nostro piano dovrà essere sottoposto al nucleo di valutazione degli investimenti del ministero della Sanità», spiegano dagli uffici della Regione. Il prossimo 6 febbraio, il piano programmatico presentato dalla Sicilia sarà vagliato dagli esperti ministeriali, che dovranno approvarlo prima che si possa procedere con la progettazione degli interventi. Perché, a oggi, al fine di richiedere queste somme ci sono soltanto degli studi di fattibilità. «Al ministero si presentano quelli, non certo i progetti – continuano da Palermo – Sicuramente passerà ancora un po’ di tempo». Quantificarlo non è possibile. Quello che è certo è che si tratterà di mesi. Le aziende sanitarie e ospedaliere, dal canto loro, sono pronte. Alcune attendono fondi per avviare intere strutture (vedi alla voce del poliambulatorio dell’ospedale Cannizzaro di Catania, al quale dovrebbero arrivare quasi 13 milioni di euro), altre ancora sono già partite senza i soldi previsti da Roma: sempre nel capoluogo etneo, il Policlinico avrebbe dovuto ricevere 13 milioni e mezzo per l’acquisto di attrezzature specialistiche per il nuovo pronto soccorso di via Santa Sofia, operativo dal 18 novembre 2018.