Su 44mila giornalisti attivi più della metà si trovano fuori dai confini del contratto nazionale del lavoro. Un mestiere in crisi quello del giornalista, che paga in qualità e servizi offerti al lettore. La prima giornata del Festival del giornalismo di Perugia è dedicata al Meeting dei movimenti dei giornalisti precari italiani e alle richieste di nuove regole che riguardano soprattutto la deontologia
I precari al Festival del giornalismo Lavoro in bilico tra compensi, diritti e qualità
Al via ieri la sesta edizione del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Ad aprirla, con un chiaro valore simbolico, il Meeting dei movimenti dei giornalisti precari italiani. Lo stato di salute del giornalismo italiano impone, infatti, con urgenza che l’attenzione si concentri sul tema del precariato, dei diritti dei giornalisti e della legalità della professione.
Sono tristemente numerosi i giornalisti italiani che guadagnano 2,50 euro lordi a pezzo. Su 44mila giornalisti attivi circa 24mila di essi lavorano fuori dai confini del contratto nazionale del lavoro. Il guadagno medio è di circa 7.500 euro lordi annui. A che prezzo? Quello di perdere qualità a livello dell’intero sistema giornalistico. Un giornalista che, per riuscire ad arrivare ad un guadagno ragionevole, produce una grande quantità di notizie, spesso trascura qualità e professionalità. Un prezzo pagato, naturalmente, anche da chi di quella informazione è fruitore.
A partecipare all’incontro tante realtà regionali di coordinamento dei precari e dei freelance, molti dei quali protagonisti attivi della stesura della Carta di Firenze lo scorso 7 e 8 ottobre. Uno strumento deontologico con l’obiettivo di sanzionare chi svolge un ruolo di caporalato non riconoscendo il valore della professione giornalistica e, conseguentemente, della democrazia. Un documento dal valore culturale rivoluzionario, ma purtroppo, ad oggi, quasi mai applicato. Tante le proposte del testo a tutela dei diritti dei giornalisti precari non ancora realizzate e, soprattutto, nessun organo che vigili sulla sua applicazione.
C’è poi la questione del Ddl sull’equo compenso giornalistico, che rischia di arenarsi in Commissione Lavoro del Governo. Una legge che costituirebbe un consistente passo avanti nella tutela di tutte le forme di collaborazioni autonome variamente intese. Sempre che si riesca poi a garantirne l’applicazione e se ne sanzioni la violazione. I coordinamenti dei precari e tutti i giornalisti vicini alla battaglia contro lo sfruttamento nelle redazioni italiane stanno sostenendo una campagna affinché si eviti la dilazione dei tempi di approvazione della legge, nel rispetto dell’articolo 36 della Costituzione che prescrive che «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa». Si può firmare l’appello sul sito sottoPRESSione.
Il meeting è anche stato l’occasione per la presentazione della tesi di laurea «Due euro al pezzo: inchiesta sul nuovo precariato giornalistico» di Chiara Baldi, che Libertà di stampa e diritti all’informazione ha deciso di pubblicare.
Il 2011 ha avuto il merito di porre la questione del precariato sotto i riflettori. Adesso c’è da lavorare perché le cose cambino.
[Foto Giorgio Montersino]