Bronte, i pascoli nelle mani della famiglia dei Tunni «Temuti da tutti, mi ha puntato un coltello contro»

I Tunni «li conosco tutti a Bronte» perché «non godono di una buona nomina». Lo sapeva bene anche Antonio Bonina, di professione allevatore e vittima designata di Biagio e Daniele Lupica Tondo. Zio e nipote, ma anche confinanti. Alle loro presunte vessazioni è collegata la storia sui terreni contesi che nei giorni scorsi ha portato all’arresto dei due uomini. Accusati dalla procura di Catania di concorso in tentata estorsione aggravata. Una vicenda che comincia quasi dieci anni fa e che avuto il suo epilogo il 29 ottobre scorso, quando nel mirino del coltello di Biagio Lupica Tondo sono finiti due operai, intenti ad arare i terreni della vittima, in una contrada a due passi dal fiume Simeto, tra il parco dell’Etna e quello dei Nebrodi. La loro testimonianza è stata decisiva, dando la possibilità ai carabinieri della stazione locale di mettere insieme gli ulteriori tasselli che hanno portato dietro le sbarre gli indagati.

Stando alla versione dell’agricoltore i Lupica Tondo, a partire dal 2011, avrebbero preteso di potere usufruire gratuitamente di un terreno, con l’obiettivo di destinarlo al pascolo dei loro animali. Anni di pressioni e minacce che nel 2015 sfociano in un tentato omicidio, attualmente al centro di un processo al tribunale di Catania. Bonina si salva per miracolo, dopo essere stato colpito con un coltello all’addome e poi con un bastone alla testa. I terreni alla fine vengono concessi a titolo gratuito alla famiglia Tondo e la vittima, per continuare a lavorare, decide di prendere in affitto un altro appezzamento. Così da poterci fare pascolare gli animali. Quando però il proprietario di quest’ultimo terreno decide di revocare la locazione, la vittima prova a tornare in quella che è la sua casa. 

Per farlo decide di affidarsi a due agricoltori. Incaricati di arare l’area di contrada La Placa ma soltanto in compagnia, così da essere più sicuri davanti all’eventuale arrivo degli ospiti indesiderati. Il lavoro viene accettato soltanto dopo mille preoccupazioni, come si legge dai verbali d’interrogatorio: «Non ero certo, in quanto conosco la famiglia Lupica Tondo e non volevo nessun problema», racconta un testimone. Il alla fine arriva, dopo le rassicurazioni del vero proprietario del fondo agricolo. «Mi rassicurò dicendomi che non sarei andato da solo e che Lupica Tondo forse non sarebbe nemmeno venuto».

Ma quando i due operai si presentano per arare il campo a bordo di un trattore Landini 135, i timori diventano realtà. Durante uno dei passaggi del mezzo, il nipote del 67enne avrebbe effettuato diversi sopralluoghi in jeep, forse per monitorare le persone impegnate nei lavori. «Siamo stati osservati durante tutta la giornata […] percorreva la strada provinciale fermandosi nei pressi del terreno». Alle 14.30 di quel pomeriggio arriva un secondo mezzo, di colore grigio. A bordo questa volta c’è lo zio della vedetta. «Nella mano destra aveva un coltello grossissimo, come quello che noi usiamo per scannare i vitelli. Biagio Lupica Tondo mi puntava contro l’arma chiedendomi dove fosse Bonina». L’operaio spiega di essere soltanto in compagnia del collega: «Mi diceva – continua nella sua testimonianza – che quel terreno era suo. E che quel giorno avrebbe dovuto ammazzarli». La situazione diventa pesante, il bracciante, con l’arma puntata contro, prende in mano un bastone per difendersi. Mentre l’altro operaio scappa. Alla fine entrambi riescono ad allontanarsi terrorizzati. Gli uomini che hanno avuto davanti non sono degli sconosciuti. «La loro famiglia è molto temuta in zona e sono sospettati di numerosi danneggiamenti». 

Quello dei pascoli è un settore su cui, tra Bronte, Cesarò e Randazzo, la magistratura negli ultimi anni ha più volte acceso i riflettori, evidenziando anche gli appetiti e le infiltrazioni della mafia


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