La Procura di Caltanissetta continua a indagare sulla strage di via D'Amelio. La richiesta riguarda i poliziotti accusati di concorso in calunnia: secondo l'accusa avrebbero costruito ad arte una finta verità sul 19 luglio 1992
Borsellino, chiesta l’archiviazione per 4 agenti Erano accusati di aver imbeccato i falsi pentiti
La Procura di Caltanissetta ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’ Amelio, costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta, avviata a carico di quattro poliziotti del pool che indagò sugli attentati del ’92. La richiesta, che ora è al vaglio del gip, riguarda Giuseppe Antonio Di Ganci, Giampiero Valenti, Domenico Militello e Piero Guttadauro.
I poliziotti erano accusati di concorso in calunnia: avrebbero costruito ad arte a tavolino una finita verità sulla fase esecutiva della strage imbeccando falsi pentiti come Vincenzo Scarantino e costringendoli ad accusare persone, poi rivelatesi innocenti. Della stessa accusa rispondono i funzionari di polizia Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, per cui però la Procura ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio. I tre sono sotto processo davanti al tribunale nisseno.
A svelare il depistaggio dell’inchiesta, costato l’ergastolo a otto mafiosi poi rivelatisi estranei ai fatti, è stato il lavoro dei magistrati nisseni che, dopo il pentimento del boss Gaspare Spatuzza, hanno riaperto le indagini. Si è scoperto cosa accade davvero e che ruolo ebbe nell’attentato la famiglia mafiosa di Brancaccio, rimasta fuori dall’inchiesta per anni. Per la procura, i poliziotti, depistando l’indagine e suggerendo a Scarantino e ad altri due finti pentiti false verità sull’attentato, avrebbero addirittura favorito Cosa nostra: un’accusa pesantissima che si è tradotta con la contestazione ai tre imputati del reato di calunnia in concorso aggravata dall’aver favorito la mafia. Al processo, oltre a diversi familiari delle vittime della strage, si sono costituti parte civile gli otto condannati ingiustamente per l’eccidio, poi assolti in revisione, che hanno chiesto 50 milioni di risarcimento del danno.