In una denuncia viene ricostruita l'agonia del 39enne, fin da piccolo affetto da ritardo mentale. Si parlava di una semplice influenza, ma il malato è deceduto dopo l'asportazione di un pezzo di intestino. Dal racconto emergono forti sospetti su omissioni e malasanità
Disabile di Paternò muore in ospedale a Castel Volturno I familiari: «Non sappiamo cosa è successo a Barbaro»
«Vorremo capire di cosa è morto Barbaro. Nessuno ci ha spiegato alcunché. Vorremmo saperecosa è successo e individuare eventuali colpe mediche e omissioni». A parlare è l’avvocato Giovanni Trischitta, il legale cui si è affidata la famiglia Messina, residente nel quartiere Ardizzone a Paternò, per avere giustizia. Barbaro Messina, 39 anni, è deceduto lo scorso 22 settembre all’ospedale di Castel Volturno, nel Casertano. L’avvocato ha presentato una denuncia alla procura di Santa Maria Capua Vetere.
«La morte di Barbaro è sospetta – spiega Trischitta – anche perché ai familiari sono state fornite diverse spiegazioni sulle cause del decesso: prima si sarebbe trattato di un’influenza, successivamente viene fuori l’ipotesi di un attacco cardiaco. Infine si viene a sapere che i medici hanno dovuto asportare metà intestino». Fin da piccolo il 39enne era affetto da un ritardo mentale grave con disturbi del comportamento. Così, da quando aveva cinque anni, Barbaro Messina ha vissuto ricoverato ein soggiorno diurno e notturno in varie strutture sanitarie autorizzate. Il paternese si trovava a Castel Volturno dal luglio del 2012, in un centro specialistico.
La denuncia presentata dai Messina permette di ricostruire quello che è accaduto negli ultimi giorni di Barbaro. Secondo i familiari, la «tragedia» del 39enne ha inizio mercoledì 19 settembre. La madre, Giuseppa Valenti, telefona come sempre fatto al centro – si legge – ma gli viene riferito che era impossibile passargli il figlio perché affetto da quanto pare da vomito e febbre alta. L’operatore della struttura avrebbe comunque parlato al telefono di «semplice raffreddore». La donna richiama l’indomani, eppure, ancora una volta, dalla struttura tagliano corto, assicurando però che Barbaro si era «ripreso dalla febbre e normalizzato».
La situazione precipita in serata. Intorno alle 22.30 arriva in casa Messina una telefonata da Castel Volturno: Barbaro era stato ricoverato in ospedale. La famiglia doveva recarsi in Campania «per apporre la firma per un intervento urgentissimo da effettuare al figlio, a causa di un arresto cardiaco». Il padre e la madre del disabile, accompagnati da altri due congiunti, partono in auto in piena notte e giungono a Castel Volturno intorno alle 8 del 21 settembre. Una volta in ospedale, però, la firma non serviva più: «Veniva riferito -si legge ancora nella denuncia – che l’intervento era già stato eseguito e che non si poteva entrare a far visita al ragazzo: quadro clinico di di Barbaro era grave». Sarebbero stati due medici a comunicare dell’avvenuta asportazione di metà intestino: «La situazione era “grave, grave, grave, grave” e non si aveva alcuna certezza del buon esito, forse Barbaro non sarebbe riuscito a superare l’intervento». Nel pomeriggio, uno dei due sanitari avrebbe aggiunto un preoccupante dettaglio: «Se avessero portato il paziente in ospedale un po’ prima non ci sarebbe stata la stessa gravità nelle sue condizioni».
Venerdì 22 settembre, subito dopo le 12, i timori dei medici si concretizzano e viene comunicata ai familiari la morte del 39enne. La denuncia si sofferma su un dettaglio della mattina del 21 settembre, quando i due genitori incontravano davanti all’ospedale un operatore della struttura dove Barbaro era ospite. Sarebbe stato quest’ultimo a raccontare che «La residenza, il giorno prima, aveva chiamato l’ambulanza ma i sanitari, appena arrivati, si rifiutavano di portare in ospedale Barbaro Messina perché conoscevano il soggetto e per loro era una questione di psichiatria». In realtà, secondo la ricostruzione dell’operatore, il disabile riferiva di «un forte dolore all’addome». In ospedale, alla fine, Barbaro sarebbe arrivato con un’autovettura del centro specializzato entrando «e da solo, senza alcun aiuto di barella o altro».