Alluvioni come fenomeni sempre più frequenti, e ormai poco straordinari. Davanti ai quali i cittadini sono ancora disinformati, pure quelli che vivono in aree a rischio idrogeologico. È il quadro presentato da Emanuele Doria, alla guida della Società italiana geologia ambientale
Casteldaccia la tragedia non è solo colpa dell’abusivismo Il geologo: «Eventi prima ventennali si ripetono ogni anno»
Le immagini del disastro di sabato notte sono ancora negli occhi di tutti. La caccia al colpevole si muove senza sosta e l’abusivismo è stato individuato come il principale di tutti i mali. Quella casa lì non doveva starci, questo appare indubbio dalle analisi che si sprecano sui media e negli uffici. L’abusivismo non può però essere considerato l’unico responsabile di una tragedia che sicuramente poteva essere evitata. «Dal punto di vista idrogeologico – spiega a MeridioNews Emanuele Doria, ex presidente dell’ordine dei geologi di Sicilia e attualmente alla guida della Società italiana geologia ambientale, che conosce bene la zona di Casteldaccia – siamo in un contesto tipico torrentizio siciliano: corsi d’acqua non molto estesi con un discreto numero di affluenti che in occasione di precipitazioni eccezionali sono in grado di veicolare notevoli quantità di acqua mista a fango, detriti, residui vegetali, materiali di risulta. In quella zona per esempio ci sono diverse discariche abusive e quant’altro per cui il greto del fiume si riempie e si ostruisce abbastanza facilmente. E queste sono condizioni che possono facilmente portare a formarsi un’onda di piena anche di una certa dimensione».
Doria conosce anche la situazione dell’abusivismo locale, ne parla come di un «fattore deleterio contro se stesso, non fa altro che restringere gli spazi naturali delle acque. Dove si è verificata la tragedia di Casteldaccia è uno spazio golenale, un’area che il fiume si è precedentemente creato in esondazioni passate, che è uno spazio naturale di ampliamento del letto del fiume. E in questi spazi è proibito costruire da leggi che risalgono ai primi del ‘900. Possono essere utilizzati come campi coltivati, perché sono zone fertili, ma sicuramente non per realizzare abitazioni». Ma il regolare rilascio o meno dei permessi costruttivi o i risultati di un condono edilizio o di una sanatoria non sono la discriminante fondamentale perché un’abitazione sia completamente sicura. «Già nel 2009 – continua il geologo – si era verificata un’esondazione di una certa importanza che non era arrivata a procurare danni così evidenti alle case, tuttavia la cosa più importante a mio avviso è che spesso noi ignoriamo di vivere in aree a rischio. Nonostante ci siano a disposizione molti strumenti di conoscenza spesso il cittadino non sa di abitare in una zona a rischio idrogeologico, al di là del fatto che la sua casa sia abusiva o meno».
Informarsi, dunque, per tentare di prevenire le evenienze. «Un evento come quello di Casteldaccia può avvenire una volta nella vita e non ripetersi più per cento anni, i tempi di ritorno di queste precipitazioni così intense possono essere anche prolungati. Dobbiamo però ricordare una cosa: dal 2009 a questa parte, dall’alluvione di Giampilieri in poi, il ripetersi di questi eventi sta assumendo una cadenza che prima era ventennale, adesso è quasi annuale. Prima si chiamavano eventi eccezionali, ora l’eccezionalità sta diventando routine nei nostri territori. Quello che va rivisto – conclude Doria – è prima di tutto la formazione del cittadino, che deve essere consapevole, nel giusto o nel torto, di stare vivendo in una zona a rischio. La politica del territorio deve cambiare, con un indirizzo volto alla pianificazione, alla tutela, che tenga conto che in certe zone non si può più costruire e quello che c’è di già costruito va eliminato, altrimenti si mette a rischio una fetta della popolazione».