A distanza di 24 ore dal sequestro, disposto dalla procura di Catania, di un cellulare, di un tablet e di tre hard disk il cronista di Repubblica ringrazia su Fb «i tanti messaggi di solidarietà». E scrive: «i giornalisti siciliani non si rassegnano ai segreti di Stato»
Strage via d’Amelio, dopo la perquisizione parla Palazzolo «Sarà difficile denunciare tutti quelli che chiedono la verità»
«Denunciare tutti quelli che chiedono la verità sulle stragi di Stato sarà davvero difficile». Chiude così il suo post Salvo Palazzolo, il cronista di Repubblica, a distanza di 24 ore dalla perquisizione a casa disposta dalla Procura di Catania, a seguito della quale gli sono stati sequestrati un cellulare, un tablet e tre hard disk. Palazzolo è indagato per rivelazione di notizie dopo l’articolo con il quale a marzo diede atto della chiusura dell’indagine sui poliziotti accusati di avere creato ad arte il pentito Vincenzo Scarantino nell’ambito della strage di via D’Amelio a Palermo. L’inchiesta, si è appreso, è coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro e, sebbene sia indagato al momento soltanto Palazzolo, la competenza è radicata a Catania anche per la sola ipotesi che possa essere coinvolto un magistrato di Caltanissetta.
«I poliziotti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di essere fra i depistatori di Stato della strage Borsellino, mi hanno denunciato perché ho scritto che stava iniziando un processo nei loro confronti» scrive il giornalista palermitano. Che poi aggiunge: «sono indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Per aver dato la notizia che sta iniziando un processo ad alcuni uomini delle istituzioni accusati di aver costruito ad arte il falso pentito Scarantino. Udienza preliminare il 20 settembre, al tribunale di Caltanissetta. Ci sarò, ci saranno tutti i giornalisti che vogliono conoscere la verità sulla strage di via D’Amelio. Chi ha suggerito davvero il pentito Scarantino? Chi,nei palazzi delle istituzioni, conosce le verità e non parla?».
A marzo Palazzolo aveva riferito per primo che la procura di Caltanissetta, che ha in mano l’inchiesta, intende portare a processo il funzionario di polizia Mario Bo e i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei con l’accusa di calunnia in concorso. Bo era stato già indagato per il depistaggio, ma la vicenda per lui si era concluso con un’archiviazione. A Mattei e Ribaudo, che curavano la sicurezza di Scarantino dopo il falso pentimento, si contesta di averlo imbeccato studiando insieme a lui le dichiarazioni che avrebbe dovuto rendere nel primo dei processi sulla strage per evitare incongruenze e di averlo indotto a non ritrattare le menzogne già affermate. Bo avrebbe invece diretto le operazioni di condizionamento del pentito.
«I giornalisti siciliani continueranno a fare le loro domande – continua Palazzolo – continueranno a cercare l’agenda rossa di Paolo Borsellino, continueranno a dare voce al dolore dei familiari delle vittime. I giornalisti siciliani non si rassegnano ai segreti di Stato, questo dicono i tanti messaggi di solidarietà che sto ricevendo dopo la perquisizione, vi ringrazio davvero. La battaglia per la verità sulle stragi prosegue. La battaglia di tante persone di buona volontà: magistrati, avvocati, insegnanti, studenti, sacerdoti, la lista per fortuna è ogni giorno più lunga».