Il biologo dell'Università di Messina, Andrea Cosentino, mette in relazione l'avvistamento degli esemplari di Hermodice carunculata a Giardini Naxos con i preoccupanti livelli di escherichia coli. «Sono animali spazzini che un tempo agivano di notte»
La presenza dei vermocani sulle spiagge della Sicilia «Abitudini cambiate, inquinamento può essere causa»
«Gli scarichi a mare e la presenza del vermocane sulle spiagge, potrebbe non essere casuale». A mettere in correlazione i preoccupanti livelli di inquinamento del mare – la scorsa settimana sono diversi i punti interessati della costa ionica destinatari di ordinanza di non balneabilità – e l’animale marino che al nome comune poco grazioso unisce un aspetto poco attraente e, soprattutto, un pericoloso effetto urticante per chi vi entra in contatto, è Andrea Cosentino, biologo e ricercatore dell’Università di Messina. L’interesse attorno l’anellide della classe dei Policheti negli ultimi anni torna al centro della cronaca, specialmente durante la stagione estiva. Quest’anno il caso più eclatante si è registrato a Recanati, frazione di Giardini Naxos, dove alcuni villeggianti hanno minacciato di fare le valigie e partire davanti all’impossibilità di fare il bagno in mezzo ai reflui non depurati e al rischio di mettere un piede su uno dei vermi.
«Affermare che i vermocani non c’entrino con le condizioni dell’acqua non è corretto – spiega Cosentino -. Si tratta di animali che fungono da spazzini del mare, che vengono attratti da carcasse e da qualsiasi forma di materiale organico in decomposizione, di cui si cibano. L’elevata concentrazione di escherichia coli, in tal senso, potrebbe fungere da calamita per l’elevata concentrazione vicino alla riva». Di sicuro c’è un fatto: rispetto al passato, oggi è molto più facile imbattersi in esemplari di vermocane. «Personalmente ne ho visti lungo tutta la costa che va da Ognina, a Catania, a Taormina. Ma altri avvistamenti sono avvenuti sia nel Ragusano, nella zona di Sampieri, e a Linosa – va avanti il biologo marino -. Le cause di questo fenomeno vanno rintracciate in qualcosa che va oltre l’inquinamento, perché ci troviamo davanti a un cambiamento di abitudini da parte di un animale che è sempre stato considerato notturno». In tal senso più che parlare di un aumento degli esemplari presenti nel mar Ionio è più corretto dire che è più facile avvistarli. «Il vermocane tradizionalmente si muove, si ciba e si riproduce di notte. Da qualche tempo, invece, le stesse attività le compie anche e soprattutto di giorno», aggiunge Cosentino. Chiedersi il perché è naturale. «Le spiegazioni possibili sono tante, tra esse c’è l’aumento della temperatura dell’acqua che causa una crescita della dispersione dell’ossigeno, il che – spiega il ricercatore – potrebbe spingere i vermocani a risparmiare energia di notte, quando la vegetazione non fa la fotosintesi, per rimandare alle ore del giorno le proprie attività».
Di fronte a questi cambiamenti – a primavera inoltrata lo stesso Cosentino ha assistito a un gruppo di vermocani che si stava riproducendo a Stazzo, frazione marinara di Acireale – è necessario che le persone sappiano come comportarsi nel caso in cui ci si ritrovasse vicino un esemplare. «Così come per le meduse bisogna cercare di evitare il contatto – chiarisce il biologo -. Non parliamo di un animale aggressivo, ma possiede delle setole sottilissime che entrano nella pelle e si spezzano facilmente rilasciando una tossina che crea un forte effetto urticante». Rispetto alle meduse, i vermocani restano pericolosi anche da morti: «Per circa due giorni dal decesso la tossina resta attiva e questo significa che bisogna fare attenzione a non toccarli anche se li si trova immobili sulla spiaggia, dove magari arrivano in seguita a improvvise mareggiate».
Quest’ultimo aspetto tira in ballo la necessità da parte delle amministrazioni di intervenire per evitare rischi per la salute dei bagnanti. La competenza è dei Comuni, almeno nell’immediatezza. «Fino a questa mattina non abbiamo ricevuto segnalazioni da parte dei sindaci – commenta Gaetano Sirna, direttore dell’Asp di Messina -. In prima battuta sono i Comuni che devono occuparsi del demanio marittimo. Comunicandoci la presenza di fenomeni che potrebbero rendere necessario un interessamento del nostro personale. Ma questo finora non è accaduto». Un contributo a ridosso delle zone portuali potrebbe essere dato dai pescatori. «Il consiglio per loro è di non lavare le reti a poca distanza dalla costa – conclude Cosentino – poiché i resti di pesce attirano i vermi, che si avvicinano alla zona in cui la gente fa il bagno».