«Senza che rilevi il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dal piano di riequilibrio originario». È questa la frase-chiave contenuta nella norma inserita all'interno del decreto Milleproroghe passato oggi da Palazzo Madama
Dissesto, il Senato approva un altro Salva-Catania Un emendamento tira fuori il Comune dal pantano
L’ennesimo Salva-Catania. Che più ad civitatem non si può. Perché nell’emendamento del decreto Milleproroghe che è stato approvato al Senato questo pomeriggio c’è una frase che non lascia spazio a dubbi, per lo meno sulle intenzioni: «Senza che rilevi il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dal piano di riequilibrio economico-finanziario originario». È questo il passaggio che dovrebbe servire a tirare il capoluogo etneo fuori dal pantano in cui è inesorabilmente sprofondato dopo che la sezione di controllo della Corte dei conti ha chiesto a Palazzo degli elefanti la dichiarazione del dissesto.
Nel Milleproroghe è stato inserito un emendamento piuttosto breve, frutto dell’elaborazione di parecchi senatori. Tra i quali, uno su tutti, Raffaele Stancanelli. Ex primo cittadino di Catania e adesso senatore di centrodestra, eletto in quota Diventerà bellissima. La questione di base, di per sé, è piuttosto semplice: il parlamento aiuta il capoluogo etneo a neutralizzare gli effetti dell’ultima deliberazione della Corte dei conti, quella che certificava il clamoroso default del municipio etneo. Adesso, però, il decreto legge al voto al Senato contiene una norma ad hoc: che la possibilità per la magistratura contabile di chiedere il dissesto, a seguito dei controlli, si applichi soltanto al piano di rientro rimodulato. E non a quello originario.
Proviamo a spiegarlo meglio: il piano di riequilibrio sulla base del quale i magistrati di via Notarbartolo hanno chiesto al Comune la deliberazione del dissesto è quello approvato dal Consiglio comunale nell’ultimo periodo della sindacatura Stancanelli. Enzo Bianco, l’ex primo cittadino, lo aveva poi «adottato». Salvo provvedere a rimodularlo a settembre 2016, quando la legge ne ha previsto l’opportunità. Quella rimodulazione è ancora al vaglio del ministero dell’Interno e, successivamente, sarebbe dovuta passare dalla valutazione della Corte dei conti. In realtà, però, l’approvazione ministeriale non è ancora arrivata e, nel frattempo, i controlli della magistratura contabile hanno certificato una condizione di reiterato e continuativo mancato rispetto dei termini del piano di riequilibrio nella sua prima formulazione.
L’emendamento votato oggi a Palazzo Madama, nella pratica, dice che la dichiarazione di dissesto si può richiedere soltanto sul piano rimodulato. E non su quello originario. È previsto, inoltre, che nel 2018 le altre norme «in contrasto» con quanto appena detto non si applicano. L’obiettivo, per quanto non dichiarato, è sufficientemente evidente: rendere nulle le parole della Corte dei Conti di Palermo, almeno in relazione al caso Catania. Quello che nell’emendamento non è chiaro, però, è se sia possibile, nel frattempo, procedere con una ulteriore rimodulazione oppure no.
Perché il Testo unico degli enti locali prevede che le nuove amministrazioni possano rimodulare un piano di rientro non ancora approvato dalla Corte dei conti. Quindi Salvo Pogliese, il nuovo sindaco, e Roberto Bonaccorsi, assessore al Bilancio e vicesindaco, potrebbero pensare di rimodulare – a loro volta – la rimodulazione del 2016? Oppure devono lavorare sul piano del 2013? E, se sì, in che termini? Solo nella durata o anche nell’importo? Nel testo a disposizione della redazione di MeridioNews questo aspetto non è precisato. L’ex primo cittadino Enzo Bianco, su Facebook, parla di una grande vittoria. Spiegando che nel Milleproroghe è prevista una nuova rimodulazione del piano. Cosa che in realtà, nelle bozze pubblicate sul sito del Senato della Repubblica, non viene mai esplicitata. Dovrebbe andare da sé, vista la normativa.