Confermata la sentenza di condanna per Carmelo Puglisi, noto esponente del racket catanese, accusato di estorsione ai danni dell'imprenditore Andrea Vecchio. Il presidente dell'Ance di Catania, negli anni vittima di diverse intimidazioni mafiose, si è sempre distinto per la lotta alla mafia. «Non bisogna aver timore ma fiducia nella giustizia», dichiara
Racket, condanna a 8 anni per il boss Puglisi Vecchio: «Denunciare è la miglior medicina»
Otto anni e non undici – come da condanna in primo grado – è la sentenza emessa dai giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Catania per il boss Carmelo Puglisi, accusato di tentata estorsione all’imprenditore edile Andrea Vecchio, presidente dell’Ance di Catania. «Se la giustizia ha ritenuto corretto mitigare la pena, io non ho niente da aggiungere. D’altronde le condanne vanno viste nell’ottica della rieducazione», commenta l’imprenditore.
L’accusa, con il procuratore generale Domenico Platania, aveva chiesto la conferma della condanna in primo grado. Ma in aula gli avvocati Pace e Di Mauro, coodifensori di Puglisi, ne avevano chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto. I due legali si sono appellati alla mancata identificazione del loro assistito da parte degli addetti ai lavori nel cantiere di Vecchio. Su tre, infatti, solo uno avrebbe riconosciuto l’uomo in fotografia. Dal vivo, nessuno. Confermata quindi l’accusa, ma con uno sconto di tre anni di pena per Puglisi. E per conoscere la motivazione della sentenza bisognerà attendere novanta giorni, termine ultimo per la deposizione da parte del giudice.
I fatti esaminati agli atti della Procura rimandano all’estate del 2007. Quando, per convincerlo a pagare il pizzo, il noto imprenditore catanese era stato vittima di intimidazioni mafiose. I mezzi escavatori di un cantiere appartenente alla sua impresa edile – la Cosedil – vennero dati alle fiamme. Vecchio, però, non si è mai fatto intimorire. E, portando avanti la sua battaglia in tribunale, è stato appoggiato dalla Federazione antiracket italiana e dalla Camera di commercio insieme al Comune di Catania, costituitisi parte civile nel processo penale a fianco dello stesso imprenditore e della sua azienda. «Denunciare è sempre la medicina migliore», afferma Vecchio. «Non bisogna aver paura ma fiducia nel lavoro della magistratura e nei valori che accompagnano le nostre scelte. Nel mio caso non sono mai riuscito a prescindere da correttezza e onestà».
Una storia nota, quella del presidente dell’Ance Catania. Ma allo stesso tempo comune. La condanna di Puglisi arriva, infatti, in concomitanza con l’arresto di due giovani pregiudicati catanesi, Davide Di Marco, 24 anni, e Massimo Di Guardia, 25. Fermati durante un’operazione svolta dalla polizia di Adrano e di Catania, mentre tentavano un’estorsione ai danni del titolare di una ditta edile di Adrano. Il cantiere era già stato preso di mira e danneggiato in precedenza e anche in questo caso il proprietario aveva denunciato.
Dopo la perquisizione domiciliare, a Davide di Marco è stata sequestrata una pistola. Il giovane è quindi accusato anche di detenzione d’arma clandestina. Al momento i due si trovano in stato di fermo presso il carcere di piazza Lanza.
[Foto di Luciano Burino]