Un contributo per assistere l'ex governatore e soprattutto amico malato. Sarebbe stata questa mossa a spingere Giuseppe Mineo a venire incontro alle richieste dei legali della famiglia Frontino, Piero Amara e Giuseppe Calafiore. È la novità nell'inchiesta sul sistema Siracusa
Open Land, arrestato per corruzione un ex giudice del Cga Soldi per facilitare sentenza e aiutare ex presidente Drago
Sarebbe stato nel libro paga dei legali Piero Amara e Giuseppe Calafiore e avrebbe agito nell’interesse dei Frontino, la famiglia titolare della società Open Land che a Siracusa ha realizzato il centro commerciale Fiera del Sud. È questa l’accusa rivolta dalla procura di Messina a Giuseppe Mineo, ex giudice del Consiglio di giustizia amministrativa arrestato oggi con l’accusa di corruzione nell’ambito della vasta inchiesta sul cosiddetto sistema Siracusa. Nello specifico a Mineo viene contestato l’avere fatto in modo di sovrastimare il presunto danno che gli imprenditori hanno chiesto al Comune di Siracusa sui ritardi relativi alle concessioni per realizzare il centro commerciale.
Mineo è stato tirato in ballo da Amara, nel corso degli interrogatori a cui l’avvocato è stato sottoposto dopo il suo arresto, avvenuto a febbraio. Il legale ha detto che nel 2015, quando Mineo viene nominato giudce relatore in una delle cause che coinvolgono Open Land, insieme a Calafiore riesce ad avvicinare il giudice. La prima mossa, in realtà, l’avrebbe fatta lo stesso Mineo, chiedendo all’imprenditore Alessandro Ferraro – anche lui arrestato a febbraio – un aiuto economico da girare a Giuseppe Drago, ex presidente della Regione e amico di Mineo, all’epoca dei fatti malato e poi deceduto l’anno successivo. Stando ai racconti di Amara, Ferraro avrebbe informato i due avvocati siracusani che si sarebbero mossi tramite la società Ocean consulting versando una somma di denaro – pari a 115mila euro – sul conto di Ferraro, che a sua volta lo avrebbe fatto arrivare a Mineo.
In cambio quest’ultimo avrebbe rivelato agli avvocati siracusani, nel corso di un incontro in un hotel romano, i contenuti della camera di consiglio sulla disputa che interessava Open Land. La disponibilità di Mineo a fare gli interessi della società sarebbe stata tale da accogliere anche gli appunti preparati da Calafiore, il quale si sarebbe presentato con una bozza di possibile sentenza. Al centro dell’attenzione, come detto, c’è il risarcimento che l’impresa dei Frontino ha chiesto al Comune di Siracusa, una vicenda controversa e ricca di colpi di scena, con un primo rigetto della richiesta da parte del Tar di Catania e il ribaltamento della sentenza da parte del Cga. La disputa rimane al centro delle aule di giustizia e di fatto ancora non è risolta. È dei giorni scorsi, infatti, la decisione del tribunale di Siracusa secondo cui Open Land dovrà restituire al Comune i due milioni e 800mila euro già ricevuti come risarcimento dall’ente comunale.
Mineo, allievo del giurista catanese ed ex deputato comunista Pietro Barcellona, è stato professore associato di diritto privato all’Ateneo di Catania. Nel 2010, in quota Lombardo, l’ex governatore siciliano sotto processo per concorso in associazione mafiosa, approda al Cga, massima autorità giudiziaria amministrativa che in Sicilia svolge le funzioni del Consiglio di Stato. È tra i giudici non togati. Nel 2016 il Consiglio dei Ministri lo inserisce nella lista dei giudici del Consiglio di Stato di nomina politica, Mineo ha solo 44 anni. A impedirgli l’ascesa a Palazzo Spada è il procedimento disciplinare aperto a suo carico per il ritardo nel deposito delle sentenze scritte da magistrato del Cga. Una macchia che stoppa la carriera velocissima del professore.
Il Comune di Vittoria lo ha recentemente nominato a capo del nucleo di valutazione dei dirigenti dell’ente e delle performance dell’amministrazione. Dovrebbe controllare la regolarità contabile e amministrativa del Comune. Il giudice lo descrive come una persona «avvezza a una particolare professionalità a delinquere in spregio alla funzione pubblica ricoperta». E per la sua «capacità di piegare a interessi privati» il suo ruolo lo manda in carcere. Ritenendo che gli arresti domiciliari, pure quelli aggravati dall’uso del braccialetto elettronico, non siano misure sufficienti a impedirgli di tornare a delinquere.