Fino a novembre i duemila metri quadrati, adiacenti al liceo scientifico Danilo Dolci, saranno sede di una serie di iniziative nell'ambito della biennale d'arte. «Le attività andranno avanti all'insegna dell'autogestione». L'idea degli studenti è di avere una palestra, aprendo al quartiere gli spazi a disposizione
Brancaccio, un bene confiscato è recuperato dalla scuola «Con Manifesta si è detto basta a 20 anni di inutilizzo»
Duemila metri quadrati di spreco. Che da sabato 16 giugno finalmente hanno smesso, almeno temporaneamente, di esserlo. È la storia del magazzino di Brancaccio, che sorge esattamente in via Carta, in un terreno adiacente al liceo scientifico Danilo Dolci. Un bene confiscato alla mafia quasi 20 anni fa – e da allora inutilizzato – e che risulta intitolato attualmente alla società Sea Beach Immobiliare srl. Fino all’arrivo di Manifesta, la biennale d’arte contemporanea che si tiene a Palermo in questi giorni e fino a novembre. E che ha visto la collaborazione di artisti, ingegneri, docenti e studenti.
Tra i 62 eventi collaterali di Manifesta c’è anche il progetto Beni Confiscati, Architettura, Ideologia e Performance, a cura di Valentina Sansone. Che proprio sul magazzino di Brancaccio intende reinvestire, all’insegna di una riqualificazione fatta direttamente da chi i posti li vive. «È un bel progetto – dice il preside del liceo Dolci Domenico Di Fatta – È stato strano avere, dopo tanti anni, la possibilità di entrarci. Il magazzino rimarrà disponibile in attesa che avvenga il passaggio dalla società al momento titolare all’ente locale (la città metropolitana). Per la scuola potrebbe essere l’occasione per avere una palestra. Ma gli spazi sono enormi, si potrebbe pure aprire al pubblico».
Una storia, quella del magazzino di Brancaccio, che continua a vedere gli studenti del Dolci in prima linea. Già nel 2015 un gruppo di alunni – con la guida e il supporto del professor Luigi Barbieri – aveva realizzato un appello e una videolettera chiedendo l’assegnazione del magazzino confiscato. A quell’appello era seguito un generico impegno dell’allora, e attuale, sindaco Leoluca Orlando. Ma a tre anni di distanza tutto sembrava immutato. Fino all’arrivo della biennale d’arte. A marzo, nell’ambito del workshop su open data e monitoraggio civico – a cura di Andrea Borruso (Confiscati Bene) e con la partecipazione del professore Ferdinando Siringo – si è avviato in maniera preliminare il progetto Beni Confiscati, Architettura, Ideologia e Performance: gli studenti hanno lavorato a un’indagine giornalistica scoprendo che, secondo i dati pubblicati e aggiornati sul sito di OpenRegio, la sola città di Palermo conta 1836 immobili confiscati.
Che fare? Invece di lasciarsi abbattere, ecco allora un progetto che di mattina sarebbe a disposizione della scuola, e di tutto il quartiere per il resto della giornata. Considerando anche che al Dolci la palestra continua a mancare, nonostante le sollecitazioni. Secondo gli studenti, «se messo a disposizione della comunità questo ampio spazio per le attività ricreative può diventare un teatro, un caffè-biblioteca, una palestra o un luogo di ritrovo in cui poter scambiare idee e opinioni. Per l’evento di apertura del progetto, il 16 giugno 2018, il collettivo di musicisti The Great Learning Orchestra (Stoccolma) ha invitato i compositori Tony Harris e Barry Russell a sviluppare forme partecipative di musica sperimentale destinate a proprietà confiscate a Palermo. Una nuova partitura, composta collettivamente da circa 200 persone, che è stata presentata il giorno della riapertura del magazzino con una grande partecipazione di pubblico, che ha visto centinaia di persone tra studenti e persone del quartiere.
«Sicuramente la performance del 16 è l’inizio di un processo che dura fino a novembre – dice la curatrice Valentina Sansone – con l’obiettivo di mettere insieme un network di soggetti (dal liceo Dolci al conservatorio Bellini, al teatro Atlante fino a Confiscati Bene). Il magazzino è stato svuotato e reso agibile dai volontari del Centro Padre Nostro e anche da tanti tecnici che si sono sbracciati, con una performance che attiva l’architettura e rende le attività un momento di partecipazione e condivisione. Da adesso le attività andranno avanti all’insegna dell’autogestione. Per mettere in luce risorse e criticità dei beni confiscati: come mai la maggior parte non è completamente utilizzata dai cittadini?».