Il primo tecnico rosanero dell'era Zamparini, esonerato nel 2002 all'alba del campionato di B, sottolinea le insidie che presenta il match contro la compagine lagunare, squadra che ha guidato per alcuni mesi nel 2005. Da non sottovalutare il fattore campo: «Si sta perdendo il senso di appartenenza, Venezia modello virtuoso»
Glerean avverte il Palermo di Tedino «A Venezia non sarà una partita facile»
Guarderà la partita con la consapevolezza di avere dato tutto ma anche con un po’ di rammarico per ciò che poteva essere e non è stato. La gara odierna Venezia-Palermo sarà per Ezio Glerean un tuffo nel passato. Che, nel caso specifico, evoca a titolo personale ricordi amari. Sporcati dalla macchia di due esoneri. L’esperienza nella città lagunare, nel 2005 in serie B, durò solo tre mesi. Ancora più breve la permanenza sulla panchina rosanero, sempre tra i cadetti, all’alba dell’era Zamparini. Il tecnico classe 1956 di San Michele al Tagliamento, scelto dall’imprenditore friulano per allenare prima il Venezia e poi il Palermo durante i giorni frenetici del famoso ‘travaso’ coincisi con l’acquisto del club di viale del Fante da parte dell’attuale proprietario della società rosanero, fu sollevato dall’incarico nel settembre 2002 dopo il ko per 4-2 rimediato sul campo dell’Ancona. Glerean, entrato nelle grazie di Zamparini per il modulo ultraoffensivo (3-3-1-3) proposto in precedenza a Cittadella, nel capoluogo siciliano non ebbe il tempo di lasciare una traccia.
«Furono giorni particolari, nei quali ci siamo sentiti sballottati a destra e a sinistra – ha ammesso ai microfoni di Meridionews l’ex tecnico rosanero riferendosi al trasferimento di massa di allenatore e giocatori sull’asse Venezia-Palermo nell’estate 2002 – a Palermo ho vissuto un’esperienza breve ma inaugurata da risultati comunque positivi. Ricordo, prima della sconfitta in Coppa Italia contro la Reggina, anche la vittoria casalinga per 3-1 in amichevole con il Chievo. Furono fatte delle scelte in un calcio che considero malato. Un calcio che, al di là dei presidenti, è popolato da personaggi liberi di esercitare un certo potere. Un calcio in cui non c’è meritocrazia». Tornato adesso alla Marosticense (Eccellenza), realtà in cui ha lavorato all’inizio della sua carriera di allenatore a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, l’autore del libro L’isola che non c’è uscito nel febbraio 2014 ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e indagare sulle condizioni di salute del nostro movimento: «Lo stadio La Favorita era sempre pieno. Ricordo diecimila persone al primo allenamento e i pienoni in occasione delle gare di Coppa Italia contro Taranto e Reggina. Oggi il Barbera è quasi sempre semivuoto anche perché i tifosi non si riconoscono più in una squadra con tanti stranieri e pochi prodotti locali. Il parametro di riferimento – ha aggiunto – deve essere il Palermo dei picciotti del mio amico Ignazio Arcoleo e la presenza sabato scorso in campo di tre ragazzi palermitani (Accardi, Fiordilino e La Gumina, ndr) nel match contro l’Avellino è certamente un segnale importante. Un punto da cui ripartire per recuperare determinati valori come l’identificazione e il senso di appartenenza. Lo stadio con ampi spazi vuoti, in ogni caso, non è un’immagine che riguarda solo Palermo. È una situazione che, ormai, si verifica spesso in molte piazze italiane. Venezia, anzi, rappresenta un’eccezione essendo una realtà in cui il legame squadra-tifosi è più visibile».
Al Penzo, dunque, c’è un fattore campo di cui tenere conto. Una variabile che i rosanero non potranno trascurare nell’ambito della sfida contro la compagine di Pippo Inzaghi: «Non sarà una partita facile per il Palermo – ha sottolineato il doppio ex del match in programma questa sera – il Venezia è una neopromossa che sta disputando un buonissimo campionato ed è in lotta per i playoff. Anche il Palermo, ovviamente, ha ambizioni importanti ed è assieme a Parma e Frosinone una delle candidate all’altro posto utile (escludendo l’Empoli con un piede e mezzo in serie A, ndr) per la promozione diretta». Per legittimare le proprie ambizioni, tuttavia, la formazione di Tedino deve dare ancora delle conferme. E provare a fare progressi sul piano del gioco. Il modello Pordenone, che incantò Zamparini alla fine della scorsa stagione, finora a Palermo si è visto solo in rare occasioni: «Il campionato di B è lungo e difficile e gli alti e i bassi vanno messi in preventivo – ha spiegato Glerean – fortunatamente Zamparini ha saputo frenare i suoi impulsi e ha dato ancora fiducia a Tedino mettendo la squadra nelle condizioni di riprendersi dopo un momento di difficoltà. Per quanto riguarda la fluidità di manovra e i ritmi di gioco, è chiaro che rispetto all’anno scorso Tedino si trova adesso in una realtà nuova. In un contesto in cui la palla gira in maniera differente e in cui si è dovuto adattare alle caratteristiche di un gruppo diverso da quello con cui ha lavorato nella scorsa stagione».