L’emergenza abitativa non è che uno dei problemi da dover fronteggiare per aiutare le famiglie in difficoltà. Capita, a volte, che si debba trovare il modo più adatto per insegnare a qualcuno proprio ad essere una famiglia, intanto. «Un percorso in un certo senso al contrario ma in cui il Comune è schierato in prima fila»
Senza casa, da ex hotel Elena ai percorsi personali Mattina: «Offrire cose uguali a tutti non funziona»
«Esisteva una lista con tutti i nominativi delle famiglie che avevano occupato e poi sgomberato volontariamente l’ex hotel Elena. Di quei nomi, però, soltanto due famiglie ci hanno chiesto aiuto». Di tutti gli altri non si conoscono bene le sorti. Lo racconta con rammarico Giuseppe Mattina, assessore alla Cittadinanza solidale. A rivolgersi all’amministrazione comunale e a presentarsi agli incontri fissati con gli assistenti sociali c’è però una coppia di giovanissimi che ha appena messo al mondo un figlio. Una vicenda, la loro, che fa emergere con forza uno dei problemi più difficili da fronteggiare oggi a Palermo: pensare a dei percorsi di sostegno personalizzati per ogni famiglia, per ogni storia.
Perché l’emergenza abitativa, a volte, è solo uno dei problemi. E magari neppure il principale. «I percorsi di accompagnamento li facciamo e abbiamo intenzione di intensificarli, c’è tutta un’azione dietro e dei progetti comunitari legati a progetti individualizzati e personalizzati – spiega infatti Mattina -, perché oggi offrire a tutti la stessa cosa, sia singoli ma soprattutto famiglie che sono in emergenza abitativa, non funziona, ognuno ha una storia e un progetto diverso, e soprattutto bisogni differenti e risorse interne anche loro diverse l’una dall’altra e di questo occorre imparare a essere consapevoli».
In storie come quella di questa coppia di giovanissimi, ad esempio, più che un progetto di accompagnamento all’autonomia abitativa servirebbe un progetto complessivo di vita. «Sono stati ascoltati e accolti dai servizi sociali e da più assistenti diversi, probabilmente non tutte le volte sono state come loro speravano, ma è pur vero che bisogna essere chiari con le persone, specie se sono così giovani», dice ancora l’assessore. «Confermiamo la disponibilità a sostenerli, ma ribadisco che nel loro caso specifico il punto è come costruire un percorso di vita per questi due ragazzi, provando che questa sia una famiglia e che il bambino deve restare con loro che sono i genitori, un dettaglio per me indiscutibile».
«Noi dobbiamo sostenere le famiglie perché riescano a crescere bene i propri figli, è un percorso in un certo senso al contrario e in cui sostenerli sempre. Loro vanno sostenuti per essere una famiglia e per essere dei genitori adeguati», insiste Mattina. Si fa dando loro gli strumenti necessari, costruendo un percorso educativo specifico e tirando in ballo strumenti materiali perché questo possa accadere. «Noi siamo pronti ad attivare qualsiasi tipo di sostegno possa essere utile per questa storia in particolare, come per altre – conferma ancora l’assessore -. Ma prima di ogni cosa, devono decidere loro che vita vogliono insieme».
Meno chiara la situazione delle altre famiglie che, come i due ragazzi, avevano deciso di occupare temporaneamente l’ex hotel Elena di piazza Giulio Cesare, per poi decidere volontariamente di andarsene e cercare altrove una soluzione. «Tutti gli altri si sono praticamente dispersi, al netto di due-tre nuclei che abbiamo scoperto avere la casa affittata – spiega anche l’attivista Tony Pellicane -. In merito ai ragazzi al momento sono aiutati dalle loro famiglie, hanno scelto di farcela con le proprie forze e la cosa positiva è che alle spalle hanno entrambi delle famiglie presenti, pronte ad aiutarle in questa nuova fase della loro vita insieme».