La festa in onore di SantAgata, patrona di Catania, è alle porte. Da un anno circola sul Web una canzone che ne denuncia i lati oscuri conosciuta come Semu tutti mafiosi tutti. Step1 intervista lautore, Gabriele Ener, giovane devoto catanese
Il rap per e contro i Cittadini
Da premettere che questo pezzo non vuole assolutamente mancare di rispetto alla Santa». La musica non è nemmeno cominciata che l’autore, Gabriele Ener, giovane rapper per passione – di professione fa lo studente di Lingue e aiuta i genitori commercianti alla fiera di Catania – mette subito le mani avanti. Non tutti l’hanno capito e hanno apprezzato la canzone in questione, pubblicata su YouTube circa un anno fa, con il titolo “Cittadini”, ma conosciuta anche come “Sant’Agata festa mafiosa” e “Semu tutti mafiosi tutti”. Realizzata con mezzi amatoriali,
vuole essere una denuncia del giro affaristico mafioso che circola intorno alla tradizionale festa
catanese, e non solo.
Durante i sei minuti del pezzo, Ener non risparmia nessuno: dagli eccessi di alcuni devoti all’omertà della popolazione, fino alle critiche al Comune di Catania, che ogni anno, nonostante il deficit e la crisi, destina parte delle risorse economiche alla festa. E non dimentica di citare l’episodio della morte del devoto ventiduenne travolto dalla folla nel 2004, e quello del ventunenne morto un anno fa per un incidente causato dalla cera sparsa sulla strada.
Sul Web il rap-denuncia di Ener ha raggiunto circa 1400 visualizzazioni ed il gruppo dedicato al medesimo tema, creato su Facebook dallo stesso autore, ha raccolto 800 iscritti. Tuttavia sono numerosi i commenti inferociti di alcuni devoti, spesso anche abbastanza minacciosi. In tanti, però, si sono uniti al coro, gridando lo sdegno per gli sprechi e gli eccessi della festa.
Gabriele, prima di scrivere la canzone ti sei documentato, hai approfondito l’argomento? Insomma, la tua accusa è abbastanza pesante e ha scatenato forti critiche.
Molti pensano che io sia estraneo ai fatti, e invece per circa tredici anni ho portato il “sacco” (tipico vestito bianco indossato dai devoti, ndr.), andavo annualmente alla festa. Negli ultimi anni ho solo portato la cera sotto gli Archi senza indossare il “sacco”, ma conosco bene la festa sia perché l’ho vissuta per tanti anni sia perché la osservo dal di dentro, lavorando alla fiera di Catania.
Quindi eri un devoto.
Sono ancora un devoto. Nella canzone mi scaglio contro quella gente che approfitta e specula su questa festa, ovvero tutto il giro che c’è dietro la vendita della cera, contro i molti devoti che il giorno prima e il giorno dopo la festa commettono furti e crimini. Nella canzone specifico anche che non ho fatto di tutta l’erba un fascio, racconto solo quello che ho visto.
Dal testo si evince anche un profondo amore verso la Santa. Eppure, secondo alcuni, questa canzone è un’offesa alla figura di Agata.
Sì, molte persone mi hanno scritto che devo lasciar stare la Santa e andarmene da Catania se non mi sta bene. Ma è assurdo: se non mi sta bene una cosa della mia città, voglio esprimermi e denunciarla. Per fortuna, comunque, la maggior parte delle persone che hanno sentito la canzone mi ha dato ragione, anche quando l’ho cantata dal vivo alle Ciminiere e di recente in un locale in centro.
Non ti spaventano le critiche negative di alcuni devoti, condite da qualche minaccia?
No, credo che chi potrebbe fare del male non scriva su Facebook. La gente che scrive lì sa fare minacce solo nascosto dietro un pc. Spesso poi chi mi critica è troppo giovane e ne sa molto meno di me, che seguo questa festa da anni.
Quindi qual è lo scopo della canzone?
Lo scopo non è far cambiare idea, ma far vedere alla gente cose che probabilmente non vuole vedere. Insomma, io non ti obbligo a pensarla come me su questa festa, però magari ascolta quello che ti dico e riflettiamo un po’ sulla possibilità di abolirla. Se io sono devoto a Sant’Agata, le sono devoto tutti i giorni e non solo in quei tre giorni di febbraio.
Allora che farai il 5 febbraio?
Magari spammerò il pezzo su Facebook ancora una volta.