In sette sono finiti in manette e per tre di loro si sono aperte le porte del carcere. L'organizzazione rivendeva anche singole parti dei veicoli e di tanto in tanto estorceva soldi alle vittime dei furti col metodo del cavallo di ritorno. Denunciati anche 17 clienti. Guarda il video
Brancaccio, sgominata banda di ladri di auto Veicoli smontati, riassemblati e poi venduti
Rubavano le auto per poi smontarle e rivenderne i pezzi. Sono finiti così in manette sette persone: tre in carcere e quattro ai domiciliari, che secondo quanto appurato dagli agenti della squadra investigativa del commissariato di polizia di Brancaccio e da quelli della squadra giudiziaria della Stradale, avevano come base un’autofficina proprio nel quartiere alla periferia Sud di Palermo.
Le tre persone finite agli arresti sono Giuseppe Di Maria, 43 anni, Tommaso e Rocco Tutone, entrambi di 39 anni. Ai poliziotti sono serviti lunghi servizi di appostamento e pedinamento per dimostrare come l’organizzazione avesse suddiviso i ruoli dei sodali e come questi agissero per mandare avanti il loro business che andava dalla ricettazione delle auto rubate fino allo smaltimento delle parti dei pezzi non utilizzabili. Di Maria sarebbe stato il vertice della banda. Era lui che gestiva l’officina e il deposito subito accanto, dove venivano nascoste le auto rubate per essere smantellate e riassemblate per nascondere la provenienza illecita del mezzo.
Dalle indagini è, inoltre, emerso che anche una Onlus impegnata nella assistenza e nel trasporto di disabili impiegava veicoli frutto di riciclaggio. Ma tanti erano i clienti dell’organizzazione, a cui si rivolgevano per avere automobili o parti meccaniche a buon prezzo, in piena consapevolezza di ciò che stavano facendo: alimentare il mercato illegale. Sono 17, in tutto, le persone denunciate per questo. Durante le indagini è anche emerso come alcuni degli indagati siano stati coinvoliti in reati estorsivi, poiché in singoli episodi, tramite minacce, pretendevano e ottenevano dalle vittime di furti di veicoli, cospicue somme di denaro per la restituzione dei mezzi rubati, utilizzando il metodo del cosiddetto cavallo di ritorno.