Raccolta firme alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Catania per chiedere l'aumento degli appelli ordinari da sette a nove. Dopo il passaggio obbligato all'anno successivo, gli studenti cominciano a reclamare che il loro percorso di studi non sia reso più difficoltoso
Più esami per tutti?
Agli universitari catanesi non basta prendersela con la finanziaria e la riforma dell’istruzione pubblica; trovano pure da raccogliere firme per chiedere di poter sostenere più esami più spesso, opponendosi al fatto che, all’improvviso, una sanatoria collettiva abbia graziato chi materie non ne ha superate abbastanza.
Il paradosso, la negazione del nullafacentismo, la nemesi della pigrizia di brunettiana memoria.
Approdare all’anno successivo non è mai stato così semplice come lo scorso settembre, alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania: chi non si è iscritto per la prima volta si è ritrovato, di colpo, a compilare i moduli per un anno di corso al quale avrebbe avuto diritto solo a seguito dell’ottenimento di un numero di crediti deciso dall’Ateneo. La ragione? Adeguamento, dopo gli stravolgimenti causati dall’applicazione della legge 270, la tanto vituperata riforma Gelmini. Si vocifera, però, che dietro una mossa di questa portata ci siano anche ragioni di carattere economico: meno ripetenti, secondo l’idea gelminiana di meritocrazia, significano più virtuosità dell’Ateneo, quindi diritto ai fondi previsti dal Ministero per i migliori.
Ai mormorii dei corridoi delle facoltà catanesi, inoltre, va aggiunto lo scontento degli studenti: chi sorrideva per un’estate prolungata, per la possibilità di prendersela comoda a settembre, magari evitando qualche appello e riducendo gli sforzi, dato che l’anno era già superato, s’è presto reso conto che anche un provvedimento in apparenza piacevole comportava un risvolto della medaglia le cui conseguenze non possono dirsi altrettanto positive. Sette sono gli appelli ordinari, e due quelli straordinari a cui erano ammessi tutti fino a due anni fa, fino a quando, cioè, erano stati dichiarati aperti solo a studenti fuori corso, lavoratori e laureandi. Ma se uno studente è passato all’anno successivo pur non volendo non è tecnicamente un fuori corso, quindi la sessione straordinaria gli è preclusa.
Facciamo un esempio pratico: per passare dal primo al secondo anno servono ventiquattro crediti, cioè quattro materie da sei crediti. Per passare dal secondo al terzo anno, però, di crediti ne servono settantotto, più del triplo di quanti bisognava accumularne l’anno precedente. Va da sé che molti studenti tra il secondo e il terzo anno si rendano conto che lo scarto è troppo, che approdare all’ultimo anno non è impossibile ma c’è il rischio di trascinarsi quattro o cinque materie arretrate, un altro anno, praticamente. Quindi decidono di fermarsi prima, di non andare avanti, pensando di recuperarle con calma, grazie anche agli appelli straordinari, approfittando del fatto che da ripetenti si presuppone che le lezioni siano utili ma non indispensabili.
Una decisione di questo tipo, per quanto sensata, è stata resa teoricamente impossibile. Parliamo di teoria, perché nell’ambito della pratica basta incrociare le dita e sperare nella compiacenza dei professori, che potrebbero far sostenere esami anche a chi non avrebbe i requisiti, a patto che i crediti siano registrati in seguito, all’interno delle sessioni ordinarie.
Pratiche nebulose, rese quasi necessarie, in mancanza di quei due appelli in più. Ed è questa una delle ragioni per le quali i rappresentati degli studenti di Lettere e Filosofia hanno dato il via a una raccolta firme con lo scopo di chiedere nuovamente – una prima richiesta, quest’anno, era stata effettuata lo scorso 13 ottobre – ai componenti della Commissione Didattica un aumento del numero degli appelli ordinari, che dovrebbero passare da sette a nove. I banchetti con i moduli per le firme si troveranno nel cortile dell’ex Monastero dei Benedettini, mentre su Facebook è già partito il passaparola.