Omicidio Arenella, primo interrogatorio del gip «Temevo per mio padre, mi è rimasto solo lui»

«Non volevo che mio padre morisse, è l’unica persona che mi è rimasta». Lo avrebbe ripetuto a più riprese, esasperata e ancora fortemente sconvolta, Alessandra Ballarò, che per la prima volta ha parlato davanti al gip Maria Cristina Sala. «La ragazza ha reso, con grande sofferenza e singhiozzando, delle dichiarazioni spontanee, era molto provata», riferisce il suo legale, l’avvocato Giuseppe Di Stefano. Cuore della deposizione sono stati i numerosi episodi aggressivi che hanno contraddistinto, nel tempo, i rapporti tra la sua famiglia e le vittime, fino al culmine raggiunto lo scorso sabato pomeriggio, concluso nel sangue. «Ha narrato quello che è stato tutto l’excursus di violenze e soprusi che la famiglia ha subito da un paio di anni a questa parte dalla famiglia Bua. Ha raccontato una serie di episodi e di fatti intimidatori: da quello avvenuto a febbraio 2006, quando la Fiat Panda della madre fu distrutta, all’episodio degli spari dietro la porta di casa loro in piena notte nel maggio scorso. E ancora – prosegue il legale – le percosse contro il fratello, picchiato in più occasioni dai signori Bua, sino ad arrivare a quel 7 ottobre».

E il resoconto di quel pomeriggio di una settimana fa è un racconto dove a farla da padrone è soprattutto la paura dichiarata dalla ragazza. «Sabato il padre era sceso nel cortile dopo che i fratelli Bua si erano presentati per l’ennesima volta sotto casa, credeva di potere dialogare con loro e risolvere la questione in un altro modo. Con lui sono scese anche le due ragazze, il padre è stato colpito da uno schiaffo e in preda a questo timore che lui venisse ucciso si è innescata la reazione della figlia Alessandra – spiega l’avvocato Di Stefano – Siamo in piena ipotesi di legittima difesa». Secondo il racconto della giovane, 20 anni ancora da compiere tra un mese, le vittime avrebbero avuto degli oggetti in mano, motivo che avrebbe contribuito a farle temere per la propria vita e quella dei familiari. «Ha perso il controllo di se stessa e in preda alla paura ha preso la pistola e ha sparato quei colpi. Una situazione di assoluta angoscia», ripete il legale.

È un quadro decisamente drammatico, quello che emerge dalla ricostruzione di quel giorno e degli screzi passati, all’interno del quale si colloca anche la perdita della madre sei mesi fa a seguito di una grave malattia che l’aveva costretta a letto per un lungo periodo di tempo. Nemmeno il padre, purtroppo, gode di buona salute. Anche lui spesso confinato nella propria camera da letto, è in attesa per un pluritrapianto di fegato e milza. «Lei ha sempre accudito entrambi i genitori. Ma è esplosa, per via di queste vicende personali e dei soprusi subiti da parte di questi signori». Non avrebbe aggiunto nulla, invece, a proposito della pistola usata per uccidere Leonardo Bua e ferire il fratello Giuseppe, ancora in coma farmacologico nel reparto di Rianimazione di Villa Sofia.

Intanto Alessandra Ballarò rimane in carcere, in attesa che si pronunci il gip, che dovrà decidere se accogliere la richiesta di remissione in libertà avanzata dal legale della ragazza o la richiesta del pubblico ministero Amelia Luise, che ne chiede la convalida della reclusione per omicidio volontario e tentato omicidio. «È piuttosto scossa, ancora. La prima cosa che ha detto è di essere pentita di quello che ha fatto, però era stata spinta da questa grande paura e da un senso di protezione verso la sua famiglia – insiste l’avvocato della giovane – Le sue condizioni al momento sono gravi, è in una fase di depressione assoluta. È una ragazza di 19 anni che studia per fare la parrucchiera, una ragazzina perbene, buona, nella sua vita altro pensava rispetto a quello che alla fine ha fatto. Goccia dopo goccia si crea un buco – conclude -, così è stato per la psiche di questa ragazza, dopo anni di episodi violenti».


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