Vecchie ruggini, urla, lacrime di commozione. Ma anche moderni lei non sa chi sono io e il tradizionale applausometro. In meno di un'ora, il tragicomico film di Sala delle Lapidi è già al culmine. Ecco, uno per uno, tutti i protagonisti
Consiglio comunale, alla prima seduta è già show «Se uno deve fare scheda bianca finga di scrivere»
C’è voluta meno di un’ora perché la prima seduta del nuovo Consiglio comunale di Palermo si trasformasse in una bolgia. Il segretario generale non aveva ancora finito di elencare le ragioni di incandidabilità e di incompatibilità delle cariche quando, dimenticate le eccezioni per cui non si possono eleggere dipendenti provinciali o comunali, si scatenano due di quelli che si riveleranno i dissidenti della maggioranza nella votazione del presidente del Consiglio. A dare fuoco alle polveri è Mimmo Russo che commenta con un ironico «E io come faccio a votare Totò Orlando (dipendente dell’ex Provincia ndr)?». Coglie la palla al balzo il collega Giulio Cusumano, che dà il via a un acceso commento che indispettisce il presidente provvisorio, Ugo Forello, che invita il consigliere del Mov139 ad abbassare la voce. Non l’avesse mai fatto. «Presidente! – esclama Cusumano alzando ancora i toni – Lei non può impedire i decibel del mio tono di voce, che per naturalezza è dedicato all’aula tutta. La mia voce può essere cadenzata come il suono di un violino, ma scoprirà presto che di corde vocali ne ho sei». E lo capirà presto anche Barbara Evola, seduta davanti al collega di maggioranza, costretta a tapparsi le orecchie durante gli interventi, sempre accesi, di Cusumano.
E dire che la seduta era iniziata all’insegna della cordialità, con Giusto Catania che prima invia un sonoro «Ci mancherai» all’ormai ex consigliera Alessandra Veronese, seduta tra il pubblico, e poi si cimenta in uno scambio di battute con il forzista Giulio Tantillo sulla presunta militanza comunista di quest’ultimo in gioventù. Punzecchiature trasversali anche tra Fabrizio Ferrara (Mov139) e l’ex assessore di Cammarata Alessandro Anello, il cui ritorno tra i banchi di Sala delle Lapidi è stato accolto con uno scherzoso «Cu ti l’avia a diri che ti sedevi di nuovo qui?». Si passa al giuramento. La prima è una debuttante assoluta, la grillina Concetta Amella, che cede all’emozione, versando pure qualche lacrima. Il premio per la presenza scenica sul pulpito va tuttavia a Francesco Scarpinato che, da buon militare, legge la formula a voce altissima, scandendo e cadenzando chiaramente parola per parola, tanto che alla fine dalla platea qualcuno non riesce a trattenersi e urla a squarciagola: «Bravo!». E intanto lui si è messo come sull’attenti.
Una platea straordinariamente gremita, in tanti erano in piedi, altri erano seduti sui gradini, e l’applausometro indicava chiaramente chi tra i consiglieri avesse portato più fan, parenti e amici. Le scintille si rinnovano durante le dichiarazioni di voto del presidente del Consiglio. Anche in seno a Forza Italia c’è una dissidente, si tratta di Sabrina Figuccia, che inizia la propria dichiarazione in maniera piuttosto singolare: «Non sono qui per parlare del caldo torrido», dice e poi annuncia che consegnerà un dossier a chi sarà eletto presidente del Consiglio. «Tale padre, tale figlia», insinua a voce alta qualcuno dagli scranni, ma la consigliera accetta come complimento l’accostamento ad Angelo Figuccia, presenza storica di Sala delle Lapidi, che quest’anno ha lasciato campo libero alla prole. Le dichiarazioni dei tre dissidenti della maggioranza scuotono un po’ gli orlandiani, tanto che Giusto Catania nell’esprimere la dichiarazione di voto di Sinistra Comune auspica: «Non vorremmo che la maggioranza si spaccasse così presto, che vada in frantumi al primo voto». Ma a rassicurare tutti ci pensa ancora Mimmo Russo, seduto alle spalle dell’ex assessore, con un secco: «No, un si spacca».
Si va al voto, ma manca una cabina elettorale. I consiglieri sono dunque costretti a usare il pulpito per esprimere in solitaria la propria preferenza, nella preoccupazione del presidente Forello, che suggerisce: «Una votazione davanti a tutti? Se uno vuole fare scheda bianca deve fare finta di scrivere qualcosa». La bagarre, però, si sposta fuori dall’aula, dove aspettano Russo, Ferrara e Cusumano, astenuti. Uno dei commessi chiede a Russo di spostarsi. Il suo «qui non si può stare» scatena ancora una volta la furia dell’ex Mpa, le cui urla si sentono anche dentro Sala delle Lapidi. E a poco servono le scuse del dipendente comunale, che ha poi specificato come l’invito fosse rivolto ai non addetti ai lavori. «Io non sono una persona normale, sono il consigliere Mimmo Russo!», ci tiene a specificare il dissidente di Palermo 2022.
Una volta dentro, prima dell’elezione del vicepresidente, Russo polemizza anche con il riconfermato presidente Totò Orlando, che non dà spazio alle nuove dichiarazioni di voto. A risolvere la questione ci pensa Alessandro Anello, che ribadisce come la candidatura del vicepresidente, da nuovo regolamento, debba essere espressa dall’opposizione e che il suo gruppo aveva dichiarato, attraverso Fabrizio Ferrandelli, il sostegno a Giulio Tantillo. «Lei è una vita che fa inciuci, in quale stanza l’ha fatto l’accordo? Insieme a chi?», è la risposta infastidita di Russo, che sta ancora inveendo quando il collega gli passa davanti per andare a votare e gli sussurra: «Uno a zero e palla a ciantro, compà». E questo è solo l’inizio.