Carthago 2, retroscena delle estorsioni dei Santapaola Il messaggio: «Prepara 200mila euro o ti brucio tutto»

«Chiddu da luce». Tre parole utilizzate dagli uomini accusati di fare parte della famiglia dei Santapaola per identificare una delle loro vittime. Si tratta dell’ormai ex direttore generale della Simei spa Gianluca Chirieleison. La società, che per anni ha gestito l’appalto dell’illuminazione pubblica a Catania, è finita al centro delle cronache all’inizio del 2017, in relazione all’indagine per tentata concussione a carico dell’ex assessore al Bilancio del capoluogo etneo Giuseppe Girlando. Tra i retroscena dell’operazione antimafia Carthago 2, che ieri ha fatto scattare le manette per 23 persone, emergono diverse estorsioni che il gruppo di San Cristoforo avrebbe perpetrato, o provato a portare a termine, per rilanciare i propri affari. Per risalire al pizzo nei confronti di Simei i carabinieri del comando provinciale etneo monitorano i telefoni di Vito Romeo, Salvatore Bonanno e Carmelo Distefano. Ed è così che scoprono che le consegne di denaro sarebbero state effettuate per diversi anni, anche quando l’azienda era in mano al suocero e al figlio di quest’ultimo.

Ad avere una sorta di ruolo di tramite per i contatti un dipendente della ditta. Sarebbe stato proprio quest’ultimo a informare Chirieleison nel settembre 2014. «Il pagamento dell’estorsione di Natale 2014 avvenne a febbraio 2015 in quanto la crisi che aveva investito l’azienda non aveva consentito di rispettare la scadenza», racconta l’uomo quando viene convocato dai magistrati, nonostante un primo confronto in cui rischia l’accusa di avere fornito informazioni false. L’importo annuo versato nelle casse dei Santapaola sarebbe stato di settemila euro, suddivisi in due rate per Pasqua e Natale. A rendere noto il particolare è lo stesso imprenditore quando viene sentito dalle forze dell’ordine a maggio 2016 e racconta di non conoscere l’identità degli estortori. Compito, quest’ultimo, rimandato allo storico dipendente. Qualche mese prima il professionista si era già recato nei locali del comando provinciale dei carabinieri, mandando nel panico Romeo e soci. I tre erano venuti a conoscenza di una denuncia ma, almeno in un primo momento, non sapevano che l’oggetto riguardava il Comune di Catania e il credito che Simei vantava nei confronti dell’amministrazione cittadina. «Vedi ca ciamu iutu tutti e mai un problema ha dato […] se pattissi chiustu minimo sono 70 le persone che hanno avuto a che fare con lui». I passaggi di buste con i soldi, almeno nell’ultimo periodo oggetto d’indagine, sarebbero avvenuti anche dentro a un negozio di mobili nei pressi del bar Alecci. E per le convocazioni la routine prevedeva un linguaggio criptico: «C’è la fattura da pagare», dicevano.

Nell’elenco delle vittime del gruppo dei santapaoliani sono finite anche alcune imprese edili e un negozio. I metodi nella stragrande maggioranza dei casi prevedono le intimidazioni nei cantieri, come quella avvenuta marzo 2016 a Mascalucia, durante alcuni lavori lungo via Acque Munzone. Il titolare della ditta Valoris Diana, mentre era accompagnato da un suo collaboratore, trova un messaggio che non lascia spazio a interpretazioni: «Prepara 200mila euro o salti in aria. Cercati l’amico», il cancello intanto era stato chiuso con catena e lucchetto. Qualche mese prima un messaggi quasi identico: «Abbessa 200 euro e non fari minchiati». In entrambi i casi però alle intimidazioni la vittima ha risposto recandosi dai carabinieri.

Altri due tentativi di estorsioni sarebbero quelle commesse in alcuni cantieri di Trecastagni e Gravina di Catania. Anche in questo caso il gruppo malavitoso avrebbe fatto ricorso alle intimidazioni alle quali sono seguite le denunce. Un catenaccio e una bottiglia piena di benzina sarebbero stati posizionati dentro a un terreno in cui erano in costruzione tre villette. Mentre un foglio con la scritta «prepara 200mila euro entro tre giorni altrimenti ti bruciamo tutto» veniva posizionato in un cantiere della Ipp srl, impegnata in alcuni lavori per la costruzione di case a Gravina di Catania. I versamenti a Cosa nostra sono finiti anche nei verbali di alcuni collaboratori giustizia. Giuseppe Scollo, per esempio, racconta ai magistrati un’estorsione che sarebbe stata particolarmente a cuore a Francesco Santapaola. «Seppur detenuto veicolava tramite i propri familiari messaggi relativi a un’estorsione riguardante un esercizio commerciale nella zona di Misterbianco, di nome Frank Bill», si legge nell’ordinanza. Soldi che, secondo Scollo, sarebbero stati versati con cadenza prestabilita: «Se non ricordo male pagavano 750 euro al mese». 


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