«Il fatto non costituisce reato»: con questa formula erano stati assolti in appello a maggio 2016 i due ex ufficiali del Ros, accusati di aver impedito l’arresto di Provenzano. Respinto dalla Cassazione il ricorso avanzato dall'accusa. Soddisfatti gli avvocati: «È innanzitutto una vittoria delle istituzioni»
Mori-Obinu, inammissibile il ricorso della Procura Legali: «Teoremi sconfitti dal confronto con i fatti»
«Inammissibile». È questa la decisione della sesta sezione penale sul ricorso della Procura generale contro la sentenza con cui, a maggio dell’anno scorso, i due ex ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu venivano assolti in appello dall’accusa di favoreggiamento per aver fatto saltare il blitz a Mezzojuso che avrebbe portato all’arresto di Bernardo Provenzano, avvenuto poi nel 2006, e per non aver proseguito le indagini a suo carico. Durante la lettura della sentenza del presidente Giovanni Conti i due vertici dell’Arma erano presenti in aula.
«La Suprema Corte con questa sentenza ha suggellato quelle che sono state le valutazioni espresse dai giudici di merito su queste vicende, condensate in due monumenti del diritto di circa 1800 pagine, le sentenze di primo e di secondo grado», commentano gli avvocati Basilio Milio ed Enzo Musco, che rappresentano entrambi. «Oggi si è realizzata in primo luogo una vittoria delle istituzioni e, poi, anche quella degli imputati, il generale Mori e il colonnello Obinu – proseguono – che hanno sempre servito fedelmente questo Paese e hanno dato, con il loro comportamento processuale e con la rinuncia alla prescrizione, l’ennesima prova di tale loro correttezza, attaccamento allo Stato e fiducia nella giustizia». Vittoria su tutta la linea, quindi, secondo i legali. Ma questa sentenza rappresenta, a loro dire, anche «la sconfitta di teorie e teoremi che necessariamente soccombono davanti ai fatti».