La decisione è stata presa a fine 2015, dopo che gli organi di controllo avevano ravvisato comportamenti non regolari. Tra i quali spese per il personale non giustificate e incarichi a consulenti non adatti ai ruoli richiesti
Ue, inizia la causa sul taglio dei fondi alla Sicilia L’accusa è di irregolarità nella gestione dei soldi
L’Unione europea non tagli di 380 milioni di euro la dotazione finanziaria per la Sicilia. È questa la richiesta che il governo nazionale fa al tribunale Ue, dopo avere impugnato la decisione che la commissione europea ha preso a fine 2015, in seguito alle presunte irregolarità che avrebbero contraddistinto la gestione dei fondi strutturali nel periodo che va dal 2000 al 2006. La causa è iniziata oggi.
L’approfondimento da parte degli organi di controllo europei – tra cui l’Olaf, l’ufficio antifrode dell’Ue – aveva ravvisato una serie di scelte non in linea con quanto previsto dai piani di finanziamento: dai progetti presentati dopo la scadenza dei termini previsti dai bandi alle spese per il personale non correlate al tempo impiegato nella realizzazione dei progetti, fino ai consulenti nominati pur non avendo i requisiti richiesti.
Comportamenti che la Commissione ha deciso di sanzionare riducendo da un miliardo e 200 milioni di euro a circa 800 milioni il contributo per la Sicilia. Tra le motivazioni che il governo nazionale porta a difesa della Sicilia ci sono ragioni in parte sostanziali e altre di natura formale.