A partire dal prossimo aprile uscirà ogni primo venerdì del mese e punterà sulle inchieste. Su tutte quelle notizie scomode, cioè, che non sarà facile trovare nella stampa ufficiale
Unaltra isola (è) possibile
Il 18 febbraio è cominciata la nuova avventura del mensile regionale siciliano L’isola possibile: dopo quattro anni in edicola come allegato del Manifesto, ecco la nuova edizione di 25 pagine: tutte inchieste sulla nostra isola. Il giornale sarà all’interno del settimanale nazionale Left/Avvenimenti.
«Un’iniziativa come questa in una città come Catania, che a livello di pluralità di informazione mi pare non sia messa molto bene, deve essere accolta con piacere», con queste parole Luigi De Magistris, eurodeputato del partito Italia dei Valori ed ex magistrato, ha esordito per presentare il primo numero del mensile durante la conferenza di sabato scorso, ospitata dalla facoltà di Lingue al Monastero dei Benedettini, alla quale hanno partecipato anche il caporedattore di Left, Marcantonio Lucidi, il magistrato Marisa Acagnino e i giornalisti Marco Benanti, Antonio Condorelli, che ha collaborato con Sigfrido Ranucci per l’inchiesta su Catania I Viceré di Report, Pino Maniaci di Telejato e Carlo Ruta, coordinati da Renato Camarda, caporedattore dell’Isola possibile.
Giornalisti e magistrati insieme, quindi (in verità anche politici vista la presenza dell’ex magistrato), per dare forza all’iniziativa del giornale, nato nel 2001 dall’esperienza del social forum di Catania grazie al grafico e giornalista Claudio Floresta, che scommette ancora sul cartaceo perché «c’è molta gente – motiva Camarda – soprattutto in Sicilia, che non ha accesso ai nuovi media».
L’incontro è stato anche l’occasione per analizzare il ruolo di questi «due mestieri che – come afferma Lucidi – si occupano della cosa pubblica e di osservare la realtà: i primi la mostrano e i secondi la sorvegliano» e per sottolineare quanto una magistratura e un giornalismo asserviti al potere e alla politica possano fare male alla società e a una città come Catania dove, come ha ricordato il preside Nunzio Famoso dopo i suoi saluti, vige il monopolio dell’editore Mario Ciancio e dove il quotidiano La Repubblica fino a poco tempo fa veniva distribuito senza le pagine regionali. Ma sono stati chiamati in causa anche i cittadini con le loro responsabilità.
«Ci sono magistrati che prevengono le raccomandazioni prima ancora di riceverle e giornalisti che si autocensurano prima ancora di essere censurati», dice De Magistris, e aggiunge: «Sono convinto che il problema sia politico e non credo che la magistratura possa liberare il paese dalla corruzione. La stampa è importante per informare e la cultura per risvegliare le coscienze, ma ci vuole un nuovo modo di fare politica che sia capace di scendere tra la gente. È poi fondamentale l’apporto del popolo: bisogna partecipare alle iniziative come queste, contribuire, in rete, con la carta stampata, laddove si può, e non chiudersi nelle case e nelle famiglie. Partecipiamo nelle università, nelle piazze e con i lavoratori. È di questo che il sistema ha paura. Facciamolo con serietà e determinazione e il sistema, che sembra incrollabile, si sbriciolerà molto prima di quanto si pensi» (guarda l’intervento di Luigi De Magistris).
E Marco Benanti, direttore dell’Isola possibile e del quindicinale gratuito Catania Possibile, continua: «L’inchiesta portante di questo numero è sulla famiglia Caltagirone, i costruttori del centro direzionale di Catania, attualmente sottosequestro. Due operai in nero sono morti là dentro e grazie all’indulto nessuno sta pagando per questo. Di chi è la responsabilità? È vero che Caltagirone deve passare da Ciancio per arrivare a Catania, ma evidentemente la colpa di quello che accade in città è anche del consenso dato dai catanesi. Dobbiamo pensarci quando andiamo in edicola e smettere di lamentarci dicendo che la città è in mano a pochi. Lo è perché qualcuno glielo consente: noi con le nostre scelte».