L'associazione ha messo nero su bianco alcune questioni all'esponente del Partito democratico relative alle misure alternative alla detenzione in carcere. Tra gli episodi c'è quello del boss Concetto Bonaccorsi, pluri condannato ma beneficiario di un permesso premio. «Imbarazzante parlare a scuola di questa tematica», scrivono
Addiopizzo Catania scrive a ministro Giustizia Orlando «Trovi tempo di parlare di certezza pena con cittadini»
Una lunga missiva detinata al ministro della Giustizia Andrea Orlando. È quella che ha deciso di scrivere l’associazione Addiopizzo Catania insieme ad altri due raggruppamenti locali: Libero Grassi e Antiracket antiusura etnea. Al centro della lettera c’è ancora una volta un tema scottante: quello della certezza della pena. L’iniziativa di contattare l’esponente del Partito democratico nasce dopo il recente tour siciliano per la corsa alla segreteria del partito. «Riteniamo che purtroppo ci sia bisogno di alzare la voce per farci ascoltare da chi, come lei, ha la responsabilità politica di assicurare il corretto funzionamento della giustizia», scrivono gli attivisti. Il riferimento, chiaro e senza giri di parole, è all’iniziativa lanciata dall’associazione lo scorso anno tramite una raccolta firme sulla piattaforma online Change.org. L’obiettivo dichiarato è quello della certezza della pena e un inasprimento delle misure contro chi si macchia di gravi reati come quelli legati alla mafia, al terrorismo e alla violenza sulle donne.
«Nel suo tour elettorale – si legge nella lettera – ha mai affrontato questo tema? Ha mai ascoltato la voce dei cittadini o si è limitato a riunioni nella varie segreteria e comitati?». Perplessità, quelle messe nero su bianco da Addiopizzo Catania, legate al cosidetto disegno di legge Orlando. Documento che porta il nome del ministro e che punta alle misure alternative alla custodia cautelare in carcere. «A scanso di equivoci e fraintendimenti chi le scrive rifugge da ogni istinto forcaiolo e considera la rieducazione di chi delinque un principio di civiltà giuridica, tuttavia non possiamo esimerci dal valutare i risultati di tutti quei provvedimenti che in questi anni sono stati adottati sotto il sacro vessillo della rieducazione e il giudizio non può che essere negativo». «Sappiamo benissimo che alla sbandierata rieducazione del reo, che tale è rimasta solo sulla carta, consentendo ai delinquenti riabilitati sulla carta di continuare a delinquere, ha fatto seguito un’assoluta mancanza di certezza della pena che ha insito il rischio di derive populiste, queste si veramente pericolose».
La missiva arriva dopo il clamoroso caso che ha avuto come protagonista proprio un boss catanese. L’episodio in questione è quello di Concetto Bonaccorso, condannato più volte per omicidio ma beneficiario di un permesso premio concesso dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, poi sfruttato per rendersi latitante. Alla fine il boss del clan Cappello è stato catturato dagli agenti di polizia soltanto qualche mese dopo essersi reso irreperibile. «Abbiamo apprezzato il suo silenzio sulla vicenda – scrivono gli attivisti – immaginiamo infatti che sarebbe stato piuttosto imbarazzante, oltre che politicamente controproducente, dover spiegare ai cittadini che, nonostante i limiti previsti dall’ordinamento penitenziario, anche i mafiosi usufruiscono di sconti e benefici».
C’è poi un passaggio legato all’attività che le associazioni portano avanti quotidianamente nelle scuole: «Siamo davvero in difficoltà nel dover spiegare ai ragazzi la ragione per cui chi oggi commette un reato non sconta la giusta pena e siamo ancor più imbarazzati nel dover dire loro che il precedente governo di Matteo Renzi e l’attuale ministro della Giustizia si stanno adoperando per far si che vi sia sempre un maggiore ricorso alle misure alternative». Infine l’invito all’esponente del Partito democratico: «Speriamo possa trovare il tempo di chiedere ai cittadini cosa pensano della certezza della pena nel nostro paese, rimarrà sorpreso dalle risposte e probabilmente comprenderà anche la ragione della crescente e pericolosa disaffezione verso una classe politica».