La condizione delle carceri e la mancanza di programmi concreti che riabilitino il detenuto ad una vita 'normale' sono i temi al centro della rassegna "Teatro e Legalità" di quest'anno. In scena "Scacco matto... al re" scritto e diretto dal regista e attore catanese Nicola Costa, che mercoledì e giovedì replica alla Sala Lomax
Se il carcere va in scena
“Scacco Matto al re”, spettacolo scritto e diretto dal regista, attore e drammaturgo catanese Nicola Costa, ha inaugurato la stagione teatrale del Teatro del Tre dal 26 al 30 novembre. Rappresentato il 2 e 3 dicembre al carcere di massima sicurezza di Bicocca (Catania), lo spettacolo sarà alla Sala Lomax il 9 e il 10 dicembre.
La stesura e rappresentazione dell’opera rientra nell’ambito del progetto Teatro e Legalità, ideato dal garante per i diritti del detenuto della Regione Sicilia, Salvo Flores.
Due le tematiche al centro dell’opera: le condizioni di detenzione dei carcerati, con una sottile denuncia riguardo la mancanza di un iter di crescita formativa che riabiliti gradualmente il detenuto a uno stile di vita lontano dal crimine e votato al lavoro; il tema di un’amicizia peculiare tra un agente di custodia e un criminale mafioso, U re, accomunati dalla stessa condanna: dover trascorrere gran parte della loro vita dentro le mura del carcere. “Scacco Matto al re” è uno spettacolo che parla dei diritti umani. Il messaggio che Nicola Costa vuole lanciare attraverso questa scrittura ci appare forte e chiaro: il condannato non deve essere un condannato a vita. Il carcerato è prima di tutto un uomo, un uomo che ha sbagliato e che va condannato in maniera costruttiva. Come? Aiutandolo a riacquisire un ruolo attivo nella società che lo allontani dalle seduzioni del crimine e dell’accumulo illecito di ricchezze.
La storia – ambientata nell’immaginario carcere di Poggio Moscato – vede un mafioso detenuto, Salvo Cannata, combattuto tra il senso di solitudine, le contraddizioni interiori, la nostalgia per la famiglia lontana e le difficoltà oggettive imposte dal sistema carcerario, trovare un’oasi di sollievo e appoggio nel rapporto di amicizia che nasce con una guardia carceraria, il commissario Roccella. I due trascorrono molte ore in armonia giocando a scacchi (non a caso gioco di arguzia e d’incontro di intelletti) e raccontandosi barzellette; ma vivono anche momenti di tensione estrema che sfociano nell’aggressione fisica di Cannata verso la guardia. Con un gesto di profonda comprensione e umiltà, il commissario decide di non denunciare l’accaduto e si guadagna così il pieno rispetto e riconoscimento da parte del detenuto. Alla fine della storia, quando il detenuto viene finalmente rilasciato, si assiste ad una riconciliazione degli opposti: due persone tanto diverse, per ruoli, mentalità e condizioni, dopo aver stretto un’amicizia che sfonda le pareti della burocrazia e della gerarchia di ruoli, giungono quasi ad identificarsi: “Noi due non siamo poi così diversi” afferma il commissario “entrambi abbiamo trascorso gran parte della nostra vita tra queste mura; solo che io dovrò rimanerci fino alla pensione, per almeno altri 20 anni, e da solo.” La mossa finale dello Scacco matto al re, segna così la chiusura di un ciclo: la fine della detenzione di Cannata e con essa di un’amicizia scandita dal ripetersi ciclico di partite incompiute.